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MAURIZIO DE TILLA
- PRESIDENTE DELLA CASSA PREVIDENZA AVVOCATI -
BERSANI: PREGIUDIZIO IDEOLOGICO E NON RIFORMA DELLE PROFESSIONI.
Giulio Tremonti, in una intervista pubblicata su Il Corriere della Sera, osserva che il decreto legge 223 ripropone ´una visione binaria della società come se fosse divisa in due classi, dipendenti e delinquenti. Il lavoro o è dipendente o non lo è. Chi non è lavoratore dipendente è considerato un deviante, un potenziale evasore e va trattato di conseguenza'.
Calando questi concetti nel decreto Bersani si può ritenere che, secondo la deformata concezione ispiratrice del provvedimento, il professionista non è un lavoratore, ma è un profittatore che abusa dei cittadini consumatori, spesso evade tasse e contributi e non è, quindi, meritevole di alcuna tutela. Ma anche un altro concetto espresso da Tremonti nello stesso articolo va commentato: ´La divisione della società per classi si unifica nella ideologia della soggezione universale al potere statale. Il prodotto finale è la società schedata, la società tracciata dal computer. Generalizzare la paura, imporre la virtù con la paura; una ragnatela che si estende riducendo i diritti. Più sei attivo nel tuo lavoro, più devi avere paura di sbagliare'. È questa la logica del decreto legge che non apporterà alcun beneficio ai consumatori, ma servirà a Bersani e Visco per incutere paura ai professionisti, ´profittatori del mercato e dei consumatori'. In una recente intervista Bersani ha dichiarato che questo è solo l'inizio. Non appena il decreto sarà convertito, si procederà ad ´ammodernare' gli ordini professionali che verranno così ´smantellati' in quanto costituiscono il baluardo delle professioni. Per fortuna solo penultimo, in quanto l'ultimo baluardo è costituito dalle casse professionali che si tenterà di trasformare da private in pubbliche e, con esso, il loro patrimonio che costituisce il risparmio privato accumulato dai professionisti italiani in danno dei consumatori (!). Fanno quindi bene gli avvocati a contrastare con ogni mezzo il decreto legge che viola palesemente numerosi articoli della Costituzione (sicuramente gli artt. 1, 2, 3, 24, 36, 41 e 111). Giustamente l'Oua ha sottolineato che nel decreto appare evidente il grave difetto di proporzionalità tra le misure adottate e i pretesi obiettivi, posto che: a) la rimozione del divieto di pubblicità, in assenza di una disciplina di titoli e specializzazioni, apre la strada ai più gravi abusi informativi nei riguardi dell'utenza, provocando così un risultato esattamente opposto a quello auspicato; b) l'abolizione dei minimi tariffari apre la strada a una incontrollabile corsa al ribasso nell'offerta delle prestazioni professionali, inevitabilmente destinata a tradursi in uno scadimento del livello delle stesse, quanto meno a seguito della conseguente riduzione delle risorse da destinarsi alla ricerca della qualità; c) l'abolizione delle tariffe fisse obbligatorie parrebbe porre nel nulla anche la tabella relativa ai diritti, comportando, sostanzialmente, il venir meno pressoché integrale dell'attuale tariffa, della quale resterebbero infatti in essere unicamente gli onorari massimi; d) la rimozione del divieto del cosiddetto patto di quota lite è foriera di gravi e imprevedibili conseguenze sul piano del rischio di compromissione della terzietà dell'avvocato rispetto all'oggetto della lite. L'Avvocatura è disponibile al dialogo ma solo dopo che dal decreto sarà stralciata la parte che riguarda le professioni e, segnatamente, la professione di avvocato. |