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Bruno Sazzini
(Segretario Generale dell'Associazione Nazionale Forense)
"Il Consiglio Nazionale Forense e la rappresentanza: radiografia di una crisi" La posizione assunta dal Consiglio Nazionale Forense con la lettera del Presidente Guido Alpa in risposta all'invito dell'Unione Triveneta dei Consigli dell'Ordine e la successiva convocazione ad horas dei Consigli dell'Ordine a Roma il 27.5 p.v. per la presentazione della proposta di legge professionale e la conclamata sua volontà a che la seconda sessione del XXVIII Congresso Nazionale Forense si svolga secondo nuove regole, assumono un valore che esula dalla discussione sulla rappresentanza, perché minano in radice lo stesso sistema che si intende rappresentare. Le molte prese posizioni di Ordini, Unioni Regionali e Associazioni hanno già sottolineato come appaia incredibile che l'organo che si assume deputato al rispetto delle regole le violi e che l'impegno assunto nel Preambolo dello Statuto del Congresso da tutte le componenti che vi si sono riconosciute sia eludibile secondo convenienza, in spregio ad un vecchio ed elementare principio che è il fondamento di tutti i rapporti: pacta sunt servanda. La decisione del Consiglio Nazionale Forense, peraltro, ignora i deliberati del Congresso di Milano che hanno riaffermato il principio della rappresentanza nel modello congressuale; né vale a giustificare lo strappo la constatazione che due associazioni, l'Aiga e le Camere Penali, non si riconoscano nel modello, perché, così argomentando, si riconosce a tali associazioni un oggettivo (e inammissibile) diritto di veto a fronte dei 130 Ordini e alle altre Associazioni presenti (tra cui Anf il cui prestigio e l'effettivo insediamento nel territorio non è certo inferiore alle predette) che, invece, accettano il metodo del confronto democratico. La scelta del Consiglio Nazionale forense appare autodelegittimante, perché non vi è ragione per cui Associazioni ed Ordini debbano soggiacere alle scelte politiche di un organo che con un vero e proprio atto d'imperio decide a discrezione ciò che è giusto e opportuno nell'interesse dell'Avvocatura, quasi il recupero della funzione politica serva a mascherare la crisi di fatto del massimo organo amministrativo, crisi dimostrata dalla sostanziale assenza di procedimenti disciplinari nonché dalla visione fortemente centralizzata in materia di formazione ed aggiornamento, non condivisa da tutti gli Ordini e dalle Associazioni, che pure hanno strumenti culturali e mezzi per perseguire in autonomia gli stessi scopi. L'Anf, nel recente IV Congresso di Rimini, ha cercato di riportare l'Avvocato al centro del dibattito (significativamente il tema era Avvocatura e giurisdizione: una questione di democrazia), riflettendo, anche in termini polemici, sulla necessità del mantenimento del modello ordinista, su cui si è convenuto, alla condizione peraltro che vi sia un recupero di efficacia ed efficienza che lo giustifichi nel contesto nazionale e transnazionale in cui, piaccia o meno, siamo inseriti. La riflessione sul tema specifico della rappresentanza, che appartiene al dna di ANF, è partito dalla considerazione che il contenitore a composizione mista, ideato nel 1994 a Venezia, e realizzato nelle sue linee fondanti a Maratea nel 1995, allo scopo di superare i limiti di rappresentatività delle associazioni forensi e le questioni di conciliabilità delle funzioni pubbliche degli ordini con quelle di rappresentanza degli iscritti albi e registri, non ha prodotto in pieno i risultati auspicati. Ciò per due ragioni: la prima collegata alle caratteristiche genetiche dell'organismo che lo hanno di fatto reso particolarmente debole, in quanto - da una parte - la natura volontaristica stride con un quadro che porta a far coincidere la funzione istituzionale con la rappresentanza politica, secondo uno schema di stretta matrice ordinistica (che pure, con l'istituzione dell'organismo unitario si voleva superare), e - dall'altra parte - con la mancanza di autonomia finanziaria, l'organismo medesimo è risultato esposto alle influenze degli ordini che hanno preteso, come corrispettivo del finanziamento, una visibilità e una centralità più o meno intensa a seconda della loro consistenza numerica. La seconda ragione riguarda la rappresentazione attuale di assoluta confusione, alimentata anche dalle rivendicazioni sulla rappresentanza degli iscritti agli albi, esclusiva o concorrente, da parte degli organismi istituzionali, Cnf e Consigli degli ordini; ciò in contrasto con lo sviluppo di una “più matura consapevolezza del ruolo pubblico del sistema ordinistico” così come auspicato dal presidente dello stesso massimo organo istituzionale forense, Guido Alpa, quando ha recentemente sottolineato che “un'attività meramente conservatrice sarebbe mortale per il sistema ordinistico, donde la maggiore coscienza delle preminenti funzioni esterne, di garanzia della collettività rispetto a esigenze sociali, con l'impegno all'esercizio di funzioni pubblicistiche”. L'Anf era fortemente intenzionata ad aprire un confronto complessivo serio ed urgente tra le tutte le componenti, istituzionali e associative, dell'avvocatura, sulle seguenti linee guida, qui espresse in estrema sintesi, che portino a) il Consiglio Nazionale Forense ad esplicitare, a coronamento del percorso di sviluppo di “una più matura consapevolezza del ruolo pubblico del sistema ordinistico”, l'inconciliabilità dell'esercizio di funzioni pubblicistiche degli ordini - quali risultano compatibili con l'ordinamento comunitario europeo - con l'esercizio di rappresentanza politica degli iscritti agli albi; b) i Consigli degli ordini ad esprimere, in coerenza con le linee guida sopra enunciate, che ne garantiranno la sopravvivenza, ad esprimere il pregiudiziale superamento delle commistioni fra funzioni in antinomia fra loro, nell'ambito di un riassetto generale dell'ordinamento forense. Le idee, come tali, possono essere condivise o meno, ma necessitano di un luogo dove essere dibattute democraticamente, essere infine accettate e come tali portate a confronto con la politica e la Magistratura. Il Congresso è, e rimane, il fulcro di questo metodo, all'interno del quale vanno anche apportati gli opportuni correttivi per il corretto funzionamento del meccanismo di rappresentanza. Nel rifiuto del dialogo secondo regole democratiche, riguardi ciò il Cnf, Ordini ed Associazioni, vi è l'assunzione di una responsabilità per il futuro dell'Avvocatura, perché scelte imposte unilateralmente o autoritariamente legittimano ciascun Ordine ed Associazione a mettere in evidenza le criticità di un sistema che, ancora una volta, ha dimostrato di essere inemendabile. La prossima conferenza di Venezia è, pertanto, una tappa importante e l'augurio è che tutte le componenti dell'Avvocatura siano presenti, in primis il Consiglio Nazionale Forense, in un confronto serio, serrato ma costruttivo, affinché ciò rappresenti il punto di partenza della consapevolezza da parte dell'Avvocatura del proprio nuovo o rinnovato ruolo sociale ( il sottotitolo del nostro Congresso: l'Avvocato per un mondo di diritti) e non la mesta rappresentazione di una crisi di una professione ( e, cosa più preoccupante, di un ruolo) che si rassegna al proprio declino. |