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* IL NUOVO CODICE DI DEONTOLOGIA FORENSE - NUOVI OBBLIGHI PER L'AVVOCATO.
*** Il Codice deontologico forense – approvato dal Cnf in esecuzione della legge di riforma professionale dello scorso dicembre – disegna una figura di difensore con forti connotati pubblicistici. Ribaditi i fondamenti dell'esercizio dell'attività di difesa e di rappresentanza dei diritti (ciò che, in sostanza, continua a giustificare il trattamento differenziato delle toghe rispetto al mercato), nei 73 articoli del bravo avvocato trova spazio, e relative sanzioni, anche la proiezione pubblica del legale. A cominciare dai doveri di adempimento fiscale , previdenziale, assicurativo e contributivo (articolo 16 del Codice), ulteriormente specificati nei momenti nevralgici del rapporto con il cliente. Dalle modalità di pagamento all'analisi preventiva del denaro ricevuto. Se sul primo versante il difensore – secondo l'articolo 29 – «deve emettere il prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto» (diventando di fatto il primo baluardo nella lotta al nero), nella gestione di denaro altrui «deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili ad un cliente» (articolo 30). Nel tenore di quest'ultimo passaggio è evidente la duplice valenza della vigilanza del legale. Sia sotto il profilo fiscale sia, soprattutto, nella prospettiva dell'antiriciclaggio. Interessanti anche le disposizioni circa la proiezione esterna dell'attività forense, in particolare nei rapporti pubblici e privati con la magistratura e in quelli strumentali e/o confidenziali con la stampa. La dinamica di interlocuzione con i giudici è talmente perfetta nell'enunciazione («i rapporti devono essere improntati a dignità e reciproco rispetto», «l'avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati ... né ostentare l'esistenza di tali rapporti», articolo 53) da rendere quasi incredibile ciò che è regolarmente avvenuto negli ultimi lustri in ogni contesto di informazione o presunta tale, dai massimi fori a quelli più periferici. In ogni caso, la sanzione prevista dal Codice per le condotte poco etiche è la censura, mentre chiudere un occhio sulla provenienza del denaro ricevuto da un cliente può costare anche la sospensione da sei mesi a un anno (la dimenticanza della fattura, invece, non va oltre la censura). Sempre in tema di pubbliche relazioni, il regolamento deontologico affronta in modo articolato il rapporto con la stampa. Il divieto di indire conferenze stampa (articolo 57) – più volte aggirato nell'ultimo decennio in forma diretta o larvata, come è esperienza di ogni cronista giudiziario – non impedisce di esercitare la difesa "pubblicistica" dei diritti del cliente, con la sola avvertenza di non fornire notizie coperte dal segreto di indagine (cioè atti non ancora depositati, non escludendo pertanto copie di atti nella legittima disponibilità delle parti processuali, ndr). Ciò che invece l'avvocato non può in alcun caso fare è «spendere il nome dei propri clienti, enfatizzare le proprie capacità professionali, sollecitare articoli o interviste». Altro tema non infrequente nelle interazioni tra magistratura e avvocatura, specialmente nei tribunali minori, sono i «rapporti di parentela, coniugio, affinita' e convivenza», aspetti della cui sussistenza l'avvocato deve dare comunicazione al Consiglio dell'Ordine di appartenenza al''atto dell'iscrizione. Un obbligo che «sussiste anche in riferimento a sopravvenute variazioni». Pena delle dimenticanza, spesso foriera di tensioni all'interno della stessa categoria, è il semplice avvertimento. (Da Il Sole 24 Ore: Codice deontologico. Per i legali scatta l'obbligo di controllo. L'avvocato «verifica» i soldi del cliente). |