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* * * I fantasmi a volte ritornano. Specie se li rievochiamo, la suggestione diventa forte. Anche perchè le esperienze passate hanno lasciato il segno, con la soppressione del Tribunale di Sala Consilinae e di alcune importanti sezioni come quella di Eboli. E' una prestigiosa associazione di avvocati, la Camera Penale Salernitana, che ha rispolverato nei giorni scorsi lo spettro di nuove soppressioni di uffici giudiziari nella provincia di Salerno, già colpita nel 2012 dalla "epocale" qunto nefasta riforma completata dalla Ministra Severino. Per la verità non si tratta di una novità assoluta,...
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* CONFERENZA NAZIONALE DELL'AVVOCATURA * NAPOLI 16 -18 GENNAIO 2014 * LA GIUSTIZIA UMILIATA: QUALE DEMOCRAZIA SENZA DIRITTI?
Sezioni: FOCUS
Data di pubblicazione 12/01/2014
* * *Senza logiche divisive e battaglie di retroguardia l’Avvocatura può ambire a nuova classe dirigente. * Di Nicola Marino, Presidente dell’Organismo unitario dell’Avvocatura. * * *

La giustizia è in uno stato di perenne emergenza, la professione di avvocato in una crisi profonda e i partiti, chiusi nei palazzi della politica, sono complici di questa grave situazione. Questo il quadro di fondo della VIII Conferenza nazionale, che si terrà a Napoli dal 16 al 18 gennaio prossimo: nella città partenopea, faremo un’analisi della società italiana, delle profonde trasformazioni del tessuto economico del Paese, nonché del ruolo e dei problemi, appunto, della professione forense.

Un’avvocatura, che si propone, forte anche di elementi di autocritica, come ceto intellettuale, con forti radici nei valori liberali e come futura protagonista delle necessarie riforme per un vero cambiamento della nostra malandata democrazia.

In Italia con una «Giustizia Umiliata» e con i «diritti» ridotti a «privilegi», come recita il titolo stesso dell’assise, assistiamo a un costante deterioramento delle garanzie costituzionali e dello stesso stato di diritto. La strada che ha portato a questo status quo è lastricata da un decennio di cattive leggi, da un’assenza costante di confronto con l’avvocatura, da un pericoloso, ma permanente ricorso alla decretazione di urgenza e alla marginalizzazione del Parlamento.

Voglio, però, introdurre la mia riflessione partendo dalle autorevoli e intramontabili parole di Piero Calamandrei, senza dubbio tra i più illustri giuristi del secolo scorso: «Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore... Ma l’avvocato no (...) L’avvocatura è una professione di comprensione, dedizione e carità». In questa Conferenza occorrerà ribadire che per essere un buon avvocato è necessario essere preparati, capaci ed efficienti, ma non basta. Diversamente dalle altre professioni, infatti, la scelta di esercitare l’Avvocatura comporta l’assunzione di un vero e proprio impegno sociale, per il perseguimento del quale sono richieste doti umane che non si possono improvvisare e per le quali bisogna essere, in certo senso, intimamente predisposti.

Del resto, le testimonianze dell’impegno sociale dell’Avvocatura italiana nella costruzione dell’attuale Stato di diritto sono numerosissime, a partire dal contributo dato dagli avvocati padri fondatori della Costituzione italiana, primo tra tutti Enrico De Nicola, costituente e primo Presidente della Repubblica.

Tuttavia, a fronte del ruolo di grande rilevo ricoperto in passato dalla figura dell’avvocato, negli ultimi decenni abbiamo assistito a un progressivo declassamento della categoria forense, direttamente collegato anche all’abnorme aumento del numero di avvocati e alla inevitabile dequalificazione generale dell’intera categoria, che tale fenomeno ha comportato.

La crisi in cui versa attualmente l’Avvocatura non può, infatti, semplicisticamente essere attribuita alla crisi economica: la parabola discendente è cominciata quando l’attività professionale è stata assimilata alle comuni attività imprenditoriali, nella convinzione che le regole del libero mercato concorrenziale potessero applicarsi anche alle professioni intellettuali e in particolare a quella forense che coinvolge, più di ogni altra, tutta una serie di interessi e di diritti costituzionalmente garantiti, che richiedono per la loro tutela la predisposizione di regole ad hoc.

E la perdita di prestigio è determinata anche dalle conseguenze derivanti dalla lentezza della Giustizia italiana.

Appunto, uno dei temi essenziali della crisi dell’Avvocatura è riconducibile al problema relativo alla corretta gestione della giustizia civile. Credo di non essere lontano dal vero, se affermo che il diritto rappresenta lo strenuo baluardo della difesa delle aspettative dei cittadini ed è la base per la realizzazione dell’eguaglianza sostanziale.

Ma la giustizia per come è concepita oggi, è un diritto o un privilegio?

Siamo sinceri: un sistema non è giusto, quando per riconoscere un diritto offre una risposta a distanza di decenni e quando i costi di un procedimento sono superiori all’eventuale beneficio che la parte riceverà dal risultato positivo del processo che la vede protagonista.

E non è normale che si delegittimi l’Avvocatura con riforme che tendono a bypassare la figura dell’avvocato come soluzione dei problemi della giurisdizione.

Il denominatore comune di questa situazione è il sostanziale disagio dei cittadini e delle imprese che avvertono la distanza dello Stato, rispetto alla legittima aspirazione nel veder riconosciuti i propri diritti.

In tal senso e in quest’ottica va affrontato anche il tema della giustizia penale, che interfaccia con il diritto inviolabile della libertà.

Molto spesso le prove raccolte sono suggestive e finiscono per vanificarsi in sede dibattimentale ovvero determinano l’emissione di sentenze contraddittorie, che a volte finiscono per far ritornare il caso al punto di partenza con la conseguenza che sia le vittime sia l’imputato-presunto innocente crollino psicologicamente, coinvolgendo anche familiari e persone vicine, logorate ed estenuate dalla liturgia processuale.

Un limite a tale anomalia è paradossalmente rappresentato dall’istituto della prescrizione, che risale al diritto romano e si fonda su ragioni di certezza giuridica oltre che di civiltà, al fine di porre un freno ai poteri pubblici, potenzialmente in grado di tenere imputati e vittime in un’attesa infinita.

Quante volte sono stati sbattuti in prima pagina “mostri” costruiti a tavolino e demolite persone, che dopo l’amaro calice di un processo ingiusto e dopo un’assoluzione non sono mai state adeguatamente riabilitate all’occhio dell’opinione pubblica?

Quante volte in questi anni ci siamo sentiti osservati e spiati da un sistema di intercettazioni, inadeguato e abusato nell’utilizzo?

Quante volte e per quanto tempo, mentre da un lato ci riempivamo la bocca col concetto di risocializzazione del reo e di rieducazione della pena, dall’altro assistevamo a una situazione carceraria fatta di abbrutimento e luogo in cui un soggetto si sente privato della propria umanità?

Tutto questo è accaduto: non abbiamo, forse, il dovere di denunciare un così evidente fallimento?

Ecco perché questa Conferenza ambisce a porsi come la pietra da cui ripartire, per ricostruire tutti insieme un sistema senza privilegi e privilegiati. Una giustizia in cui il cittadino risulta al centro, l’avvocato rappresenta la difesa dei diritti e il giudice la amministra attraverso l’applicazione delle regole. Siamo stanchi, infatti, di verificare che troppo spesso negli ultimi anni alcuni giudici abbiano immaginato di svolgere una funzione salvifica, ergendosi a giudici etici.

Per realizzare tutto questo, bisogna che l’Avvocatura faccia vibrare le corde della propria passione e si riproponga fortemente quale classe dirigente di un Paese che ha sempre onorato col proprio sacrificio e con la propria storia.

Un’Avvocatura che, rispetto all’insipienza di politici troppo spesso inadeguati e impreparati, non accetti supinamente riforme quali quelle dell’ordinamento giudiziario, in cui la cifra non è il contenimento dei costi e l’interesse dei cittadini, ma, bensì, il mantenimento di rendite parassitarie riconducibili a novelli feudatari, che ricercano la propria sopravvivenza in partiti politici superati e inadeguati.

È arrivato il momento di parlare con una voce sola. Abbandoniamo le logiche divisive e intraprendiamo una battaglia che non sia, finalmente, di retroguardia, ma che ci ponga al centro del dibattito culturale e sociale del Paese. Diamo voce alla gente, all’Italia che soffre!Senza logiche divisive e battaglie di retroguardia l’Avvocatura può ambire a nuova classe dirigente

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