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* RIFORMA FORENSE: LA POSIZIONE DELL'A.N.F.
Associazione Nazionale Forense LA RIFORMA FORENSE E' LEGGE DELLO STATO Mercoledì 16 Gennaio 2013 L’attesa è finita: la riforma forense è legge dello Stato. A distanza di 80 anni dalla emanazione della legge che ha regolamentato fino ad oggi l'ordinamento forense, gli avvocati hanno quindi il loro nuovo statuto, anche se sono numerose le deleghe da attuare per dare piena attuazione alla legge. In sintesi, la legge (consultabile in allegato il testo completo) si compone di 67 articoli. Si parte dalla disciplina dell'ordinamento forense e della professione di avvocato, dove si prevede, tra l'altro, la riserva per l'attività di assistenza legale stragiudiziale. A fare le spese, sono però ancora una volta i giovani, con l’istituzionalizzazione (articolo 41) del praticantato gratuito nei primi sei mesi e la possibilità facoltativa, da parte del datore di lavoro, di elargire un compenso a partire dalla settima mensilità. L’articolo incriminato, tra l’altro, era stato oggetto di una pregiudiziale di incostituzionalità (consultabili al link presente in fondo a questo articolo) poi decaduta nel corso della votazione ma che rappresenta già il punto di partenza per chi vuole contrastare con tutte le armi a disposizione l’entrata in vigore della riforma forense. Secondo l’articolo , infatti, i primi sei mesi di praticantato dovranno essere necessariamente non retribuiti, stabilendo, con ciò, la messa a norma, è stato detto per la prima volta assoluta, di una forma di collaborazione gratuita. Ciò nonostante, il limite ufficiale di praticantato viene stabilito a 18 mesi invece che ai 24 vigenti fino a ieri. Inserito nel testo della riforma forense anche lo spazio di svolgimento di un impiego subordinato contestuale nei mesi di tirocinio, purché non finisca per prendere il sopravvento in termini di carico orario. Nella nuova legge che regola l’ordinamento forense ci sono altre novità che riguardano i giovani: la prima è quella che un tempo era detta “pratica forense” e oggi tirocinio, come spiega l’avv. Antonino Ciavola in un suo intervento consultabile di seguito all’articolo. L’art. 41 ricalca in gran parte le recenti norme dettate per tutte le professioni: conferma che sei mesi potranno svolgersi durante l’ultimo anno degli studi universitari, che la durata complessiva è di 18 mesi, e che almeno sei mesi dovranno svolgersi sotto il controllo e la direzione di un avvocato. Tuttavia è prevista anche l’obbligatoria frequenza di un corso di formazione della durata di 18 mesi: le scuole forensi diventano così obbligatorie, ma non è chiaro (e sarebbe comunque di difficile applicazione pratica) se ci si possa iscrivere alla scuola prima della laurea: se così non fosse, chi svolgerà i primi sei mesi durante il corso universitario sarà comunque costretto, dopo la laurea, ad attendere i successivi diciotto di frequenza della scuola, così ritornando ai due anni della previgente normativa (con superamento della chiara norma contenuta nel c.d. decreto Salva Italia: la durata del tirocinio non può essere superiore a diciotto mesi!). In contemporanea, poi, è ipoteticamente concesso di svolgere fino a due tirocini, a medesime condizioni di impegno e retribuzione, naturalmente. Passando, poi, a analizzare il nuovo esame di Stato, (articoli 46-49) vediamo come arriverà una valutazione degli elaborati più rigida e approfondita, con la Commissione che sarà chiamata a motivare per iscritto a fianco del testo le proprie annotazioni di carattere positivo o negativo. Sparisce anche la possibilità di portare in sede d’esame testi commentati: gli unici compendi leciti saranno i Codici “nudi e crudi” senza note, esempi o indicazioni di sorta. Chi sgarra, potrà incorrere in un reato specifico creato ex novo proprio in coda alla riforma forense. Ulteriore step di valutazione sarà quello per il conseguimento del patrocinio per le magistrature superiori, come Cassazione o Consiglio di Stato, sostenibile a partire dall’ottavo anno dopo l’iscrizione all’albo oppure dopo cinque di abilitazione. Sul versante specializzazioni (articolo 9) serviranno due anni dall’idoneità per l’iscrizione all’Albo, dove dovrà, peraltro, essere svolto un periodo di formazione mirata al settore prescelto. E veniamo alla parte della riforma che più interessa studi legali e professionisti in proprio. Tanto per cominciare, nella definizione dei compensi, deve assolutamente sparire qualsiasi rimando alle tariffe, specificando, poi, il totale della prestazione nel momento in cui viene richiesta. Quindi, ogni voce di spesa dovrà essere indicata per iscritto, a tutela del cliente. Obbligo di apertura di una polizza assicurativa (articolo 12) in capo al titolare dell’attività, che funga da copertura in sede di responsabilità civile per tutti i soggetti coinvolti nell’attività, e dunque anche per i tirocinanti. Cambiano le giurie per le eventuali sanzioni (art. 53) comminate dal’Ordine nazionale: saranno cinque i membri chiamati a esprimersi – con tre “panchinari” già decisi – in merito a richiami, avvertimenti, censure, sospensioni o radiazioni. PREGIUDIZIALE DI INCOSTITUZIONALITA' http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/ultimi_atti_stampati/emendamenti/601-b-n1_annesso_ii.pdf I Giovani infelici (novità per praticanti e giovani avvocati) Avv. Antonino Ciavola I Giovani infelici Alla fine degli anni ’80 (altro secolo, altro millennio) l’avvocatura ottenne l’eliminazione di quella che era vista come una capitis deminutio a vantaggio dei magistrati: la presidenza delle commissioni dell’esame di Stato per i professionisti forensi (che allora si chiamavano procuratori legali) fu sottratta ai presidenti delle Corti d’appello e affidata agli stessi avvocati. Da allora, e fino al 2003, si verificò un’impennata nelle percentuali degli abilitati (in alcuni distretti, percentuali vicine al cento per cento provocarono indagini penali), fino a quando ci si rese conto che gli avvocati erano diventati troppi. Fu così modificata la struttura della correzione, che diventò itinerante e in parte casuale; ma gli avvocati continuavano a essere troppi. Quel lassismo eccessivo, insomma, aveva provocato danni; e qualcuno doveva risponderne. “Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri. Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti” (P. Pasolini, I Giovani infelici, in Lettere luterane, 1975). Tirocinio di 18 mesi (forse) Nella nuova legge che regola l’ordinamento forense ci sono parecchie novità che riguardano i giovani: la prima è quella che un tempo era detta “pratica forense” e oggi tirocinio. L’art. 41 ricalca in gran parte le recenti norme dettate per tutte le professioni: conferma che sei mesi potranno svolgersi durante l’ultimo anno degli studi universitari, che la durata complessiva è di 18 mesi, e che almeno sei mesi dovranno svolgersi sotto il controllo e la direzione di un avvocato. Tuttavia è prevista anche l’obbligatoria frequenza di un corso di formazione della durata di 18 mesi: le scuole forensi diventano così obbligatorie, ma non è chiaro (e sarebbe comunque di difficile applicazione pratica) se ci si possa iscrivere alla scuola prima della laurea: se così non fosse, chi svolgerà i primi sei mesi durante il corso universitario sarà comunque costretto, dopo la laurea, ad attendere i successivi diciotto di frequenza della scuola, così ritornando ai due anni della previgente normativa (con superamento della chiara norma contenuta nel c.d. decreto Salva Italia: la durata del tirocinio non può essere superiore a diciotto mesi!). L’obbligo di frequenza di una scuola forense, a mio avviso, è opportuno ma andava collegato a una semplificazione dell’esame (ad esempio solo orale o almeno con riduzione delle prove scritte). Così invece, tra scuola selettiva ed esame con le stesse norme attuali, sembra di assistere al percorso a ostacoli. Novità rilevantissima riguarda l’autonomia del praticante, prevista e attuata fino ad oggi mediante il patrocinio provvisorio e autonomo, che è soppresso: il comma 12 prevede solo la possibilità di sostituzione delegata, sotto il controllo e la responsabilità del dominus, escludendo che il tirocinante possa assumere incarichi in proprio. Poichè però l’iscrizione in albi, registri ed elenchi ha natura costitutiva di un diritto, ritengo che gli attuali praticanti con patrocinio potranno continuare a svolgere la professione in proprio; si tratta, quindi, di una categoria professionale ad esaurimento. La nuova figura sarà invece collocata in un apposito elenco (art. 15, lettera h) che sostituirà quello precedente degli abilitati al patrocinio provvisorio. L’unico vantaggio per i praticanti, rispetto alla disciplina precedente, sembra l’esonero dall’obbligo di formazione continua, che l’art. 11 rivolge esclusivamente agli avvocati. Il compenso del praticante L’art. 41, comma 11, esclude la corresponsione di qualunque compenso per i primi sei mesi; per il periodo successivo prevede la possibilità di pattuire una indennità che tenga conto sia del concreto apporto che dell’utilizzo delle strutture dello studio. Mi sembra che questo svuoti di fatto la stessa previsione di un compenso (già prevista dall’inattuato art. 26 del codice deontologico), e l’unica certezza che resta è quella del rimborso delle spese. Come cambia l’esame di Stato Per la parte scritta non ci saranno più i codici annotati con la giurisprudenza, ma solo testi di legge; per l’orale tutte le materie fondamentali sono rese obbligatorie (civile, penale, le due procedure). Così l’esame perde la sua caratteristica pratica (tipica di ogni esame di abilitazione) diventando teorico, come dimostra un’altra parte dello stesso art. 46. Attualmente, infatti, l’esame orale prevede la discussione di brevi questioni su cinquematerie: esse sono già presuntivamente conosciute, per via della laurea; il candidato deve dimostrare di saperle applicare ai casi pratici che si presentano nell’esperienza forense, mentre deve dimostrare la conoscenza dell’unica non oggetto di studi universitari: ordinamento forense e deontologia. Con la riforma (art. 46, comma 3) cambia l’impostazione: il candidato deve dimostrare la conoscenza di tutte le materie indicate, e non più discutere brevi questioni. Per queste norme concernenti formazione e accesso, certamente penalizzanti, è previsto un correttivo: esse si applicheranno soltanto dopo due anni (artt. 48 e 49). Le novità per i giovani avvocati La maggiore innovazione deriva dall’art. 21: l’iscrizione e la permanenza nell’albo non saranno più consentite a tutti gli abilitati, ma soltanto a chi dimostri di esercitare la professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. I requisiti della continuità e abitualità comportano la necessità dell’apertura di una posizione IVA (sono, infatti, concetti mutuati dalle norme tributarie) mentre l’effettività e la prevalenza potranno essere accertate con ogni mezzo, escluso quello che fa riferimento al reddito. Lo stesso art. 21, al comma 8, prevede la contestualità tra iscrizione nell’albo e alla cassa di previdenza. Collegando la norma con l’art. 12 (assicurazioni obbligatorie) e con l’art. 11 (formazione continua) mi sembra che la prova dei requisiti sopra indicati possa essere fornita tramite l’iscrizione alla Cassa, l’apertura della partita IVA, l’accensione delle polizze assicurative e la formazione continua, indipendentemente dal reddito prodotto. L’attuale stato di crisi di una larga parte dell’avvocatura sarà aggravato da queste misure, che hanno un costo difficilmente sopportabile proprio da chi è all’inizio e cioè dagli avvocati neo iscritti e più giovani; tuttavia un aiuto potrebbe giungere proprio dalla Cassa. Il comma 9 prevede infatti la determinazione di nuovi minimi, ovviamente inferiori a quelli attuali (che per molti sono insostenibili) e che si applicheranno a chi non raggiunge gli attuali parametri reddituali. Quella della Cassa in materia, come è noto, è una discrezionalità tecnica e non assoluta; se il regolamento sarà adottato con saggezza, i relativi costi (faccio solo un timido esempio: il 14% sul reddito effettivo, con un minimo annuo di euro 500) garantiranno a tutti i più giovani o meno fortunati un’iscrizione obbligatoria, ma sostenibile. Altre novità in pillole Il tirocinio potrà essere svolto solo presso un avvocato con anzianità di almeno cinque anni (art. 41, comma 6 lettera a); l’avvocato non potrà assumere la funzione per più di tre praticanti (comma 10); in caso di bassa mole di lavoro, il praticante potrà essere “diviso” tra due avvocati (comma 8). L’attività di praticantato potrà essere svolta anche presso gli uffici giudiziari, con modalità da determinarsi tramite regolamento (art. 44). Il certificato di compiuto tirocinio è previsto dall’art. 45; non è indicata una sua scadenza, al contrario di quella di cinque anni prevista, in via generale, dall’art. 6, comma 12, D.P.R. 137/2012. Ritengo quindi che prevalga la nuova disciplina, contenuta peraltro nella legge speciale successiva e non nel regolamento, con la conseguenza che l’esame di Stato potrà effettuarsi senza scadenza alcuna. L’art. 46, comma 10, introduce un nuovo reato per chi fa pervenire i testi delle soluzioni all’esame di Stato (reclusione fino a tre anni). L’art. 47 esclude dalle commissioni d’esame i magistrati in servizio, prevedendo l’inserimento (accanto ad avvocati e professori) di magistrati in pensione. Addio ai magistrati in servizio, compresi i pubblici ministeri: vedremo se questa innovazione cambierà le percentuali.
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