SEGRETERIA TEL. 089241388
FAX 0892574357 INDIRIZZO PEC segreteria@pec.ordineforense.salerno.it
WEB MAIL
|
GIUSEPPE MARIA BERRUTI
LA LEGGE E L'ONORE
Parlare bene della politica oggi è rischioso. Si può passare per sostenitori di quella odiosa semplificazione che muovendo dalla esatta distinzione tra politica e morale finisce con l’assolvere il politico che commette un delitto. Credo però che i principi servano soprattutto nei momenti difficili, come quello che si è determinato ancora una volta, dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni disposte dai pubblici ministeri. Uno dei problemi che affliggono questo paese è la debolezza della politica, che sta determinando, tra l’altro, un corto circuito con la magistratura e il sospetto diffuso che le indagini su personalità pubbliche siano a loro volta orientate politicamente. E che ha fatto varare la peggiore riforma dell’ordinamento giudiziario che si potesse immaginare. Nessuna democrazia può sopportare a lungo questa debolezza. Perché la democrazia è anzitutto politica. Con tangentopoli la magistratura mise a nudo la corruzione della politica. Per anni i politici si sono quasi nascosti. Hanno sentito il peso del rifiuto della gente comune. Hanno sentito la gogna e il processo di piazza più di quello giudiziario. Il risultato di tanta debolezza è stata l’incapacità di ogni autoriforma e l’avvento di una stagione ancora più approssimativa nell’individuazione dei problemi. Attenta al sondaggio piuttosto che alla guida dei processi sociali. Inevitabilmente esposta alla pressione della finanza e di qualunque altro potere in grado di farsi sentire.
A Ciò che abbiamo sotto gli occhi in queste settimane è uno sviluppo del tutto logico. Non siamo più di fronte alla corruzione della politica, ma alla sua subalternità nei confronti di un ceto economico-finanziario che rifiuta ogni regola. È una vera e propria assenza di democrazia, che l’azione giudiziaria, con i suoi atti dovuti, i suoi automatismi e i tecnicismi degli addetti ai lavori, rende incomprensibile. Che fare prima che monti una domanda irrazionale di delega in bianco a chiunque prometta di far cessare questo tormento? Credo si debba capire la lezione che nasce dalla vicenda Fazio. La politica non può attendere che i problemi esplodano nella sede del giudice, l’unica che illude di dare risposte. Essa deve fornire progetti e azioni. Far politica significa decidere. Credo che i magistrati a loro volta debbano comprendere che la debolezza della politica alla fine diventa debolezza della legge, cioè della fonte della loro legittimazione. Perciò debbono operare in modo prudente. Questo non vuol dire che debbano esitare davanti alla soglia dell’uomo politico. Ma piuttosto che debbono avere sempre presente che essi applicano la legge fatta da altri. Anche quella che a loro non piace. Perché democrazia e stato di diritto significano anzitutto diversità delle sedi di scelta. Alla politica spetta la scelta del valore da riconoscere come diritto. Al giudice l’individuazione della situazione pratica da regolare secondo quella scelta fondamentale. E tra i valori scelti dalla legge vi è anche quello dell’onore delle persone. Occorre capire che solo il processo può condannare o assolvere, non l’opinione pubblica in base alla lettura di un verbale di intercettazione che non doveva essere utilizzato perché irrilevante e che non doveva essere conosciuto perché la legge ne vieta la diffusione. Perciò la diffusione di intercettazioni fuori del contesto processuale che ne consentirebbe una valutazione coerente con la funzione dello strumento investigativo è fatto grave. Che cagiona, come sta accadendo, effetti politici estranei alla fisiologica dialettica istituzionale. E mette in discussione in modo improprio e strumentale tanto le funzioni del giudice quanto quelle del politico. Insomma mette in discussione due termini della democrazia. Giuseppe Maria Berruti tratto dal quotidiano "Il Mattino" del 07/01/2006 |