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* MEDIAZIONE CIVILE: PER USCIRE DALL'IMPASSE COLPO DI ACCELERATORE SUGLI SGRAVI FISCALI. Il punto su alcuni problemi di applicazione.
Sezioni: PRIMA FILA
Autore tratto da GUIDA AL DIRITTO - di Marina Castellaneta
Data di pubblicazione 29/10/2011

Mediazione civile: per uscire dall’impasse
“colpo di acceleratore” sugli sgravi fiscali

La partita sulla mediazione si gioca su più tavoli e, soprattutto, nelle aule di giustizia. Da un lato, infatti, il tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria (si veda per la decisione pagina 18 di questo numero), ha chiamato in aiuto la Corte di giustizia dell’Unione europea che dovrà chiarire alcune disposizioni della direttiva n. 2008/52/Ce del 21 maggio 2008 su taluni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, recepitata in Italia con Dlgs n. 28 del 4 marzo 2010, dall’altro lato il tribunale di Roma, con decreto del 22 luglio, ha direttamente risolto alcuni nodi applicativi del Dlgs 28/2010. Passando per il tribunale di Lamezia Terme che ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale escludendo così il rinvio alla Consulta (deciso invece dal Tar del Lazio con ordinanza del 12 aprile 2011).
La “parola” passa a Lussemburgo- I riflettori sono però puntati soprattutto su Lussemburgo, anche tenendo conto dell’obbligo del giudice nazionale di disapplicare il diritto interno contrario agli atti Ue e di interpretare le norme interne in modo conforme al diritto comunitario. Sarà proprio la Corte Ue a fornire gli elementi utili per chiarire se la mediazione obbligatoria prevista nel nostro ordinamento come conseguenza dell’adozione del Dlgs 28/2010 garantisca il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Inoltre, la Corte di giustizia dovrà accertare se le sanzioni di carattere processuale messe in campo dal Dlgs 28/2010 per la parte che si rifiuta di partecipare alla mediazione siano in linea con la direttiva Ue. Senza dimenticare che il giudice di pace di Mercato San Severino (si veda per il testo www.guidaaldiritto.ilsole24ore. com), con l’ordinanza del 21 settembre scorso, ha già presentato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo chiedendo, tra l’altro, di verificare se la formulazione di una proposta di conciliazione senza accordo delle parti effettuata del mediatore possa essere compatibile con il carattere volontario della disciplina. Un quadro completato dal rinvio del tribunale di Palermo che vuole sapere se l’atto comunitario richieda che il mediatore abbia competenze giuridiche e se l’organismo debba scegliere il mediatore tenendo conto dell’oggetto della causa, indirizzandosi verso un professionista con competenze nel settore; se l’organismo di mediazione debba avere alcuni requisiti di competenza territoriale e, in ultimo, se la proposta di accordo da parte del mediatore possa arrivare sul tavolo del giudice senza richiesta delle parti. Ma non è solo la Corte di giustizia, le cui risposte possono rimettere in discussione l’impianto italiano, a occuparsi della mediazione. Il 13 settembre, infatti, il Parlamento
europeo ha approvato una risoluzione relativa all’incidenza della mediazione tra gli Stati membri e la sua adozione nei tribunali interni (2011/2026; per il testo della risoluzione si veda www.guidaaldiritto. ilsole24ore.com). A ciò si aggiunga che il Parlamento ha anche reso noto uno studio sulla posizione dei giudici nell’attuazione della direttiva sulla mediazione (studioPE453.169) dal quale risulta che i maggiori ostacoli nello sviluppo di questo strumento derivano da problemi organizzativi, dovuti anche alle difficoltà di accreditamento dei mediatori. Non va dimenticato, d’altra parte, che la direttiva lascia ampia flessibilità agli Stati con ciò attenuando il processo di armonizzazione dei sistemi giudiziari degli Stati membri e la costituzione di un quadro legislativo prevedibile identico in tutta l’Unione europea, anche perché la struttura riguardante l’effettivo funzionamento della mediazione è demandata in larga parte alle autorità nazionali.
Lo studio, poi, sottolinea che la stessa direttiva presenta alcune lacune. È il caso della circostanza che essa non si occupa del ruolo degli avvocati, lasciando molto più spazio ai giudici che possono interloquire direttamente con le parti a una controversia.
«L’esperienza - precisa lo studio - mostra che l’assenza di un avvocato nella mediazione è in via generale una cattiva idea, anche se è essenziale che le parti stesse siano presenti nel corso delle fasi della mediazione». Aspetti sui quali potrebbe riflettere la Commissione europea che, nel 2013, dovrà presentare la comunicazione sull’attuazione della direttiva negli Stati membri, che potrebbe costituire una base di partenza per alcune modifiche.
La risoluzione del Parlameto europeo - Passando ad analizzare il contenuto della risoluzione, occorre rilevare che, prima di tutto, gli eurodeputati hanno incasellato la mediazione nel quadro generale del sistema giustizia, considerandola come uno strumento in grado di agevolare l’accesso alla giustizia che non va considerato come mera possibilità di rivolgersi a un tribunale, ma come possibilità per gli individui di avvalersi di «un adeguato processo di composizione delle controversie per gli individui e le imprese», qualificazione che implica il diritto alla composizione di una controversia in termini ragionevoli.
Recepita in quasi tutti gli Stati Ue anche se - sottolinea il Parlamento - Repubblica Ceca, Austria, Finlandia, e Svezia non hanno indicato le modalità interne di attuazione, la direttiva ha posto però taluni problemi sul fronte della confidenzialità.
A tal proposito, gli eurodeputati, con riferimento all’Italia, hanno osservato che il decreto legislativo ha seguito «un approccio rigoroso nei confronti della confidenzialità della procedura di mediazione», al contrario di una posizione meno condivisibile della Svezia che lascia aperta la questione della confidenzialità rimettendo la scelta a un accordo tra le parti. Ci sembra, d’altra parte, che la stessa direttiva consenta un certo margine di manovra agli Stati. In particolare, l’articolo 7, pur affermando la necessità che venga garantita la riservatezza nel corso della mediazione e che «né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso», fa salva la possibilità che le parti decidano diversamente e prevede altresì che le indicate garanzie di segretezza vengano meno nei casi in cui: «a) ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato membro interessato» con particolare riguardo all’esigenza di tutelare gli interessi superiori dei minori o «per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona...». Il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico attribuisce ampia discrezionalità agli Stati con il rischio che la segretezza si possa trasformare in “una parola vuota”. A tal proposito, nello studio sulla posizione dei giudici riguardo alla mediazione, si evidenzia che le autorità giudiziarie si attendono che la segretezza sia più ampia di quella prevista nella direttiva.
I problemi derivanti dall’obbligatorietà del ricorso alla mediazione - L’articolo 5 della direttiva riconosce come regola generale che il giudice nazionale investito di una causa, «se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, può invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia», così come può invitare le parti a partecipare a una sessione informativa sul ricorso alla mediazione. Stabilito che la regola generale è quella della facoltà delle parti di ricorrere alla mediazione, il paragrafo 2 dell’articolo 5 consente agli Stati di rendere obbligatoria la mediazione «o di sottoporla a incentivi o a sanzioni, sia prima che dopo l’inizio della procedura giudiziaria», ma questo solo se è garantito alle parti il pieno diritto di accesso al sistema giudiziario nazionale.
La lettura di questa norma è quindi guidata dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, divenuta vincolante con il trattato di Lisbona, che tutela il diritto di accesso alla giustizia al pari della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (si veda la sentenza della Corte di giustizia Ue depositata il 18 marzo 2010, causa C-317/08, Alassini).
Sulla questione dell’obbligatorietà del ricorso alla mediazione perseguita da alcuni Stati, tra i quali l’Italia, il Parlamento europeo rivela una posizione ibrida, mostrando di non volersi schierare a vantaggio o contro questa possibilità. E invero nella stessa risoluzione, in alcuni punti traspare un certo favore verso la scelta italiana, mentre in altri passaggi gli eurodeputati esprimono perplessità sulla questione dell’obbligatorietà. Preso atto delle numerose polemiche suscitate tra gli operatori giuridici in relazione a questa nuova disciplina, ad avviso degli eurodeputati, si deve evidenziare che sono stati raggiunti risultati importanti «nel trattamento non giudiziario delle controversie in materia civile e commerciale», con la possibilità di contribuire alla soluzione extragiudiziale «conveniente e rapida delle controversie attraverso procedure adeguate alle esigenze delle parti». Nel sistema giuridico italiano - precisa il Parlamento - «la mediazione obbligatoria, applicabile ad alcuni settori e in modo graduale, sembra raggiungere l’obiettivo di diminuire la congestione nei tribunali», anche se «la mediazione dovrebbe essere promossa come una forma di giustizia alternativa praticabile a basso costo e più rapida, piuttosto che come un elemento obbligatorio della procedura giudiziaria». Si tratta, d’altra parte, di un’affermazione che non fa altro che riprendere il contenuto dell’articolo 5 della direttiva n. 2008/52 che persegue, in linea generale, l’utilizzo facoltativo della mediazione, ma che ammette la possibilità, per gli Stati membri, di considerarla come obbligatoria.
Non c’è dubbio, poi, che se le parti decidono di propria iniziativa di ricorrere a uno strumento alternativo coopereranno con maggiore facilità consentendo il raggiungimento di una composizione amichevole. Inoltre, la mediazione fondata sulla cooperazione tra le parti e sul rilievo della volontà delle stesse, «ha il vantaggio aggiuntivo di preservare le relazioni che le parti avevano prima della controversia, elemento di particolare importanza nelle questioni familiari che coinvolgono i bambini». D’altra parte, anche nel citato studio del Parlamento europeo, che traccia la posizione dei giudici in relazione alla mediazione, si evidenzia che la cosiddetta mediazione convenzionale ossia quella non ordinata dal giudice funziona meglio di altri sistemi, mentre la mediazione giudiziaria è guardata con poca fiducia in molti ordinamenti nazionali, inclusi quelli di common law dove si è posta la questione della compatibilità con il diritto di ricorrere alla giustizia per far valere i propri diritti. Non solo. Un ulteriore rischio deriva dalla possibilità che la mediazione obbligatoria sia vista come una mera formalità da adempiere prima di ricorrere in sede giurisdizionale che - si legge nel rapporto - potrebbe andare a beneficio unicamente degli avvocati.
È’ opportuno sottolineare che altri Paesi, come Bulgaria, Romania e Ungheria, alle prese con analoga congestione dei tribunali, hanno scelto, per favorire la mediazione, la strada degli incentivi economici. In particolare, la Bulgaria prevede che le parti ricevano un rimborso del 50%dell’imposta statale versata al momento del deposito della causa in tribunale se essa è risolta con successo attraverso la mediazione. In una situazione analoga, la Romania prevede il rimborso totale della tassa giudiziaria, al pari dell’Ungheria. Incentivi finanziari sono poi previsti anche in Italia tenendo conto che gli accordi di mediazione sono esenti da imposte di bollo e tasse.
Per quanto riguarda l’esecutività degli accordi conseguenza della mediazione quasi tutti gli Stati membri hanno una procedura idonea a conferire all’accordo carattere vincolante o attraverso l’autenticazione di un notaio o mediante la presentazione dell’atto conclusivo della mediazione in tribunale (in questa direzione Grecia e Slovenia, mentre nei Paesi Bassi e in Germania «gli accordi possono acquisire carattere esecutivo come atti notarili», al pari dell’Austria). In Italia, l’articolo 12 del Dlgs 28/2010 dispone che il verbale di accordo, su richiesta di una delle parti, è omologato con decreto del presidente del tribunale del circondario in cui ha sede l’organismo (l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del decreto), a patto che non sia contrario all’ordine pubblico o a norme imperative. Per le controversie transfrontaliere la competenza è affidata al presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. In seguito all’adempimento di questa procedura, il verbale ha titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Per garantire un livello elevato del sistema di mediazione e tutelare le parti che vi ricorrono, gli eurodeputati puntano all’adozione di norme comuni per l’accesso alla professione di mediatore sia per favorire un livello alto dal punto di vista qualitativo, sia per «assicurare standard di formazione professionale elevati» con un sistema di accreditamento dei mediatori che possa valere in tutta l’Unione europea.
Necessario, poi, un codice di condotta con un controllo costante della deontologia e della qualità delle prestazioni. Il Consiglio nazionale forense, intanto, con circolare del 23 settembre 2011ha introdotto norme ad hoc sulla mediazione nel Codice deontologico forense.

Gli altri orientamenti
CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA
La consulenza tecnica preventiva (articolo 696-bis del Cpc) e la mediazione (Dlgs 28/2010) perseguono la medesima finalità, introducendo entrambi gli istituti un procedimento finalizzato alla composizione bonaria della lite, così da mostrarsi tra loro alternativi e, quindi, apparendo le norme di cui al Dlgs 28/2010 incompatibili logicamente e, quindi, non applicabili dove la parte proponga una domanda giudiziale per una Ctu preventiva. Pertanto, in caso di Ctu preventiva, non sussistono le condizioni di procedibilità di cui all’articolo 5, comma 1, del Dlgs 28/2010 e il difensore non è obbligato alla comunicazione di cui all’articolo 4, comma 3, del Dlgs 28/2010.
Tribunale di Varese, sezione I, decreto 21 aprile 2011

RILASCIO DI IMMOBILI OCCUPATI SINE TITULO
La domanda di rilascio dell’immobile occupato sine titulo ex articolo 447-bis del Cpc trae spunto da un rapporto analogo a una locazione e pertanto deve essere attivata la preventiva e obbligatoria procedura di mediazione, in materia prevista dall’articolo 5, comma 1, del Dlgs 28/2010.
Tribunale di Modena, ordinanza 5 maggio 2011

INFORMATIVA DELL’AVVOCATO E PROCURA ALLE LITI
Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del Dlgs 28/2010 l’avvocato è tenuto a informare chiaramente e in forma scritta l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. Tale obbligo non può ritenersi soddisfatto se tale informativa consista in una mera dichiarazione generica della parte annessa nel mandato alle liti.
Nel caso di omessa informativa, ben può il giudice subordinare la comparizione della parte alla spontanea allegazione dell’informativa da parte del difensore, onde evitare un rallentamento del processo e un danno indiretto a tutte le altre cause pendenti sul ruolo, posto che l’incombente, inevitabilmente, può “appesantire” il calendario dei processi del giudice.
Tribunale Varese, sezione I, ordinanza 6 maggio 2011

DIVISIONE ENDOESECUTIVA E MEDIAIZONE OBBLIGATORIA
Risponde a una precisa scelta legislativa che i procedimenti incidentali di cognizione, tra i quali debbono essere a ogni buon diritto annoverati i giudizi di divisione endoesecutivi, siano sottratti alla nuova procedura in tema di mediazione civile. La ragione della scelta del legislatore del 2010 deve essere rintracciata nel necessario bilanciamento tra la funzione deflattiva del nuovo strumento conciliativo e le contrapposte esigenze di celerità e concentrazione tipiche di un processo quale è
quello esecutivo la cui principale funzione è la pronta e celere liquidazione delle ragioni dei creditori. La mediazione in sede esecutiva, ove ritenuta applicabile all’esecuzione forzata, finirebbe con lo scontrarsi con un processo esecutivo, come ridisegnato dalle riforme degli ultimi anni, che, pur conoscendo “parentesi” di cognizione, le delinea e configura come essenzialmente “strumentali” all’esecuzione stessa, onde consentire, nel caso di specie, l’individuazione definitiva dell’oggetto dell’espropriazione forzata.
Tribunale di Prato, ordinanza 9 maggio 2011

AZIONE REVOCATORIA E MEDIAZIONE OBBLIGATORIA. L’azione revocatoria non è relativa a una controversia in materia di contratti bancari, essendo in quest’ambito inscrivibili le sole cause con cui si faccia discussione delle obbligazioni negoziali che dal contratto scaturiscono, ovvero ancora si metta in discussione la validità o l’efficacia della stipula. Esercitando l’azione ex articolo 2901 del Cc, invece, si attiva un mezzo di tutela del diritto di credito e, quindi, l’actio è relativa a una controversia in materia di conservazione delle garanzia patrimoniale. Non essendo possibile l’interpretazione analogica o estensiva dell’articolo 5, comma 1, del Dlgs 28/2010, la norma non è quindi applicabile nel caso di specie.
Tribunale di Varese, sezione I, ordinanza 10 giugno 2011

INVITO DEL GIUDICE E TENTATIVO DI MEDIAZIONE
Il giudice può invitare le parti a valutare la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione, giusta l’articolo 5, comma 3, del Dlgs 28/2010, là dove taluni elementi della causa siano indicativi di una buona probabilità di chances di conciliazione. Tanto avviene, in particolare, dove la causa interessi, dal punto di vista soggettivo, due litiganti legati da un pregresso rapporto di origine familiare.
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