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* * * I fantasmi a volte ritornano. Specie se li rievochiamo, la suggestione diventa forte. Anche perchè le esperienze passate hanno lasciato il segno, con la soppressione del Tribunale di Sala Consilinae e di alcune importanti sezioni come quella di Eboli. E' una prestigiosa associazione di avvocati, la Camera Penale Salernitana, che ha rispolverato nei giorni scorsi lo spettro di nuove soppressioni di uffici giudiziari nella provincia di Salerno, già colpita nel 2012 dalla "epocale" qunto nefasta riforma completata dalla Ministra Severino. Per la verità non si tratta di una novità assoluta,...
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* * MEDIAZIONE-CONCILIAZIONE:Esegesi della Sperimentazione * * * di Luigi Maiello, Avvocato, Consigliere Ordine Salerno * * *
Sezioni: FOCUS
Data di pubblicazione 07/04/2011
Il fenomeno rivoluzionario del ’68 ha provocato l’accesso alle facoltà universitarie di un numero elevato di diplomati in aspettativa di lavoro.
Negli anni ’70 l’Avvocatura Italiana contava ancora 80.000 iscritti.
Con la eliminazione della riserva di provenienza dal solo liceo classico, la facoltà di Giurisprudenza è stata occupata da un numero sempre crescente di diplomati che la politica dell’epoca, nella impossibilità di collocare al lavoro, avviò in nuovo parcheggio universitario.
Anche le altre facoltà, con la sola eccezione di quelle con accesso “a numero chiuso” hanno visto crescere in misura sempre più elevata il numero degli iscritti.
Il fenomeno produsse la moltiplicazione degli Atenei, che furono diffusi su tutto il territorio nazionale raggiungendo così un numero elevatissimo di centri occupazionali per insegnanti e amministrativi e di ospitalità temporanea di giovani diplomati.
A completamento del corso regolare di studio il mercato si è ritrovato a dover assorbire un numero sempre crescente di nuovi laureati sicché, dopo l’esaurimento di tutti gli spazi di ordinaria disponibilità, gli amministratori della politica hanno dovuto promuovere e creare nuove nicchie di servizi per il recepimento delle forze di lavoro intellettuale che esorbitavano la programmazione.
I laureati in Giurisprudenza, che pur dispongono di maggiori possibilità di collocazione professionale (Avvocatura – Magistratura – Notariato – Pubblica e Privata Amministrazione e iniziativa professionale - imprenditoriale libera) sono però cresciuti in maniera esponenziale e straordinariamente eccedente qualsiasi fabbisogno previsto e prevedibile.
Poiché il mercato di privata gestione è stato prontamente saturato e le altre ipotesi di riferimento (Notariato – Magistratura e Pubblica Amministrazione) hanno sempre disposto una capacità di assorbimento limitata, la gran parte dei nuovi laureati-disoccupati, si è riversata nell’unico bacino di libero accesso: l’Avvocatura.
Oggi, l’Avvocatura Italiana annota circa 250.000 iscritti.
L’aumento, indiscriminato degli iscritti agli Albi, ha provocato, inevitabilmente, la limitazione in misura esponenziale degli affari giudiziari, di ogni studio legale, in tutti i settori di competenza – Civile – Amministrativo – Tributario e anche Penale – per le naturali conseguenze della legge di economia, pur se il volume degli affari (offerta) è risultata incrementata dall’evoluzione del mercato e dalla fantasia di impresa dei nuovi operatori.
Per fronteggiare il fenomeno si sarebbe dovuto, logicamente, realizzare un aumento adeguato degli strumenti necessari alla gestione di amministrazione della accresciuta domanda.
Aumento del numero e delle capacità delle sedi giudiziarie con conseguente aumento adeguato dell’organico (Magistrati e Personale di Cancelleria).
Poiché però l’organico della Magistratura, già considerevolmente ridotto per l’impiego di propri rappresentanti in compiti, ancorché istituzionali (C.S.M. – Uffici ministeriali e di associazionismo) non operativi, ha sempre espresso parere contrario all’aumento del numero degli operatori, l’Istituzione ha fatto ricorso prima all’ausilio dei Vice Pretori Onorari, di poi dei GOT e dei GOA e, infine, alla realizzazione dell’Ufficio del Giudice di Pace.
Senza utile esito.
Il carico di lavoro dei Giudici, sempre più affollato da questioni anche provocate dalla fantasia dei giovani pressati dalla necessità di sopravvivenza, specialmente nel sud, ha prodotto inevitabilmente una dilatazione dei tempi di decisione sempre maggiore e sempre più ingiusta per i cittadini
La legge Pinto promossa quale baluardo delle esigente di giustizia del cittadino è divenuta lo strumento di condanna in numero sempre crescente dello Stato Italiano da parte dell’UE fino a raggiungere un grado di insostenibilità di gestione che ha costretto la Corte a rimettere la gestione alla giurisdizione domestica.
Da quel momento, le inevitabili, perché direttamente conseguenziali, pronunzie di condanna, non hanno più trovato neanche la soddisfazione risarcitoria per indisponibilità dichiarata del bilancio ministeriale.
In queste condizioni di estremo disagio dovuto alla impossibilità di dare una risposta alla domanda di regolamentazione dell’Amministrazione della Giustizia proveniente da più parti; alla mancanza di risorse per il pur simbolico risarcimento e perdurante lo stato di crisi pressoché globale, lo Stato Italiano ha ideato la istituzione della mediazione-conciliazione per tentare di fronteggiare il problema che si è proposto di risolvere “a costo zero”.
Con la manovra promulgata nel 2010, vigente dal 21 marzo 2011, la domanda di accesso alla pronunzia di risoluzione giudiziale della quasi totalità delle controversie deve essere preceduta da un tentativo obbligatorio di conciliazione da esperire presso un Organismo di mediazione-conciliazione.
La istituzione degli Organismi è affidata alla iniziativa dei privati o da Enti di interesse pubblico o collettivo, soggetta solo al controllo da parte del Ministero di sussistenza dei presupposti minimi previsti dalla legge.
Lo scopo evidente è quello deflattivo del contenzioso giudiziario al fine di alleviare l’onere gestionale-economico dello stato che ha ritenuto, in tal modo di essersi affrancato dall’obbligo di provvedere alla costituzione degli organici adeguati alle pressioni della domanda di giustizia avanzata in via giudiziale.
La funzione di mediazione-conciliazione dovrà consistere nella individuazione degli effettivi interessi in campo delle parti e nella prospettazione ex officio ovvero proveniente dagli stessi interessati di una soluzione che possa risultare sufficientemente contemperante delle aspettative in conflitto, indipendentemente dalla regolamentazione legislativa della fattispecie, che può essere anche non prevista da specifica normativa, purché possa essere in definitiva accettata dalle parti.
Per raggiungere lo scopo, con l’uso dei presupposti di cui innanzi, non è indispensabile l’intervento tecnico del legale né in funzione di mediatore-conciliatore, né per la prospettazione della domanda che non necessita di specifica configurazione giuridica, né dunque per la trattazione del procedimento che, anzi, la presenza del legale nel procedimento può addirittura risultare controproducente a causa delle probabili implicazioni di deformazione professionale delle categorie mentali dell’avvocato.
Il Ministero ha ipotizzato con questo strumento una deflazione del carico giurisdizionale in misura pari al 40-50% dell’attuale.
Sicché a fronte dell’attuazione del nuovo istituto il 40-50% dell’attività dell’Avvocatura (100.000 – 125.000 avvocati) dovrebbe trovare spazio operativo nell’ambito degli Organismi con funzioni di mediatore-conciliatore, mentre quelli più esperti o professionalmente qualificati possono eventualmente trovare collocamento negli istituti di formazione dei futuri mediatori-conciliatori.
L’Avvocatura Italiana, per gran parte, costretta a prendere atto delle difficoltà del Governo, ha voluto intravvedere – seppure in contrasto con la formazione giuridica della propria cultura - la positività della soluzione in quanto risultante più appagante rispetto all’ansiosa attesa del cittadino sempre più delusa dalla denegata giustizia dello Stato.
Nel contempo però non ha potuto evitare di rilevare aspetti inaccettabili della disposizione di legge che induce all’esperimento, con aggravio di costi e di tempi, anche quel cittadino che, intende vedere affermati da pronunzia giudiziale dello Stato, come costituzionalmente garantito, i propri diritti senza rappresentarsi in via preliminare obbligatoria la possibilità di indulgere a soluzione mediata o parziale, esponendosi a sanzione di possibile pregiudizio per rifiuto di esperimento o mancata accettazione della proposta di conciliazione non giudiziale.
È contro l’obbligatorietà che l’Avvocatura Italiana ha deciso di rappresentare il proprio dissenso, con lo strumento delle eccezioni di incostituzionalità sollevate nei giudizi promossi innanzi al TAR Lazio e con la manifestazione pubblica che avrà luogo nella sede storica del Teatro Adriano a Roma il giorno 14 aprile 2011.
In proposito è opportuno rilevate che in tutte le nazioni del mondo ove la conciliazioni stragiudiziale è stata adottata, compresi gli USA ove ha avuto i natali e con la sola eccezione dell’Argentina, l’esperimento ha solo carattere facoltativo, non obbligatorio.
Nelle nazioni ove la conciliazione è in vigore, specialmente in Europa, l’istituto ha avuto successo solo per le questioni bagattellari.
La conciliazione privata, è invece naufragata.
Per le questioni di maggiore rilievo le parti hanno optato per la via giurisdizionale ove la conciliazione è stata raggiunta in via endoprocedimentale con l’intervento e la direzione del Giudice della causa.
La considerazione ultima, ma non trascurabile, è riservata ai costi della procedura attraverso gli organismi che, nella preventivazione superano di gran lunga gli importi vigenti del contributo unificato per la trattazione delle cause in via giudiziale.
Sotto questo aspetto, la mediazione-conciliazione non presenta aspetti di favore per il cittadino utente.
Salerno, 6.04.2011
Avv.to Luigi Maiello


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