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* * MEDIAZIONE: LA REPUBBLICA SVELA I NUMERI DEL BUSINESS PER ENTI FORMATORI ED ORGANISMI PUBBLICI E PRIVATI. ECCO LE LOBBY CHE SPINGONO SUL MINISTRO PER NON RINVIARE IL TERMINE DI EFFICACIA. L'AVVOCATURA TAGLIATA FUORI * * (Di Enrico Tortolani)* *
Sfogliando La Repubblica del 14 febbraio vengono allo scoperto le lobby che hanno convinto il ministro Alfano ad avversare il differimento delle termine di efficacia della mediaconciliazione obbligatoria. Leggiamo con attenzione il testo apparso sul quotidiano ed anche il resoconto dell'attività parlamentare in commissione diffuso dalla sen.Silvia Della Monica, con un messaggio al Presidente dell'O.U.A.*
* * * La Repubblica del 14 febbraio porta allo scoperto le lobby che hanno convinto il ministro Alfano ad avversare il differimento delle termine di efficacia della mediaconciliazione obbligatoria: in prima fila gli enti formatori che hanno ad oggi rastrellato - secondo il giornalista de La Repubblica - oltre 15 milioni di euro fra il popolo dei futuri mediatori. Poi bisogna calcolare le aspettative degli organismi che si sono preparati per monopolizzare il mercato che si aprirà con la obbligatorietà della mediazione, prevista dal 21 marzo. L'Avvocatura istituzionalizzata ad oggi sembra tagliata fuori da questi meccanismi, e reclama - forse tradivamente - interventi correttivi. Non è bastato uno schieramento parlamentare bipartisan per convincere il ministro Alfano. In commissione il rinvio di un anno, prima generalizzato, è stato poi limitato alle sole materie condominiali e risarcimento danni da circolazione stradale. Eppure è chiaro che a tutti -agli avvocati in primis- che le strutture non sono pronte e c'è il rischio di paralizzare definitivamente la giustizia civile. Con questo metodo, se la mediazione non verrà modificata,rendendola attuabile e compatibile con il nostro ordinamento, si avvierà su un binario morto. E' facile, allo stato, prevedere il naufragio dell'ennesima riforma, scritta male ed attuata peggio, che appare ancora una volta contro l'Avvocatura; ma la vera disgrazia è che alla fine a pagare saranno i cittadini che anelano la tutela dei propri diritti. Leggiamo con attenzione il testo apparso su La Repubblica, ed anche il resoconto dell'attività parlamentare in commissione diffuso dalla sen.Silvia Della Monica, con un messaggio al Presidente dell'O.U.A. * * * * LA REPUBBLICA – Affari e Finanza Conciliazione, quanto costa lo slittamento di un anno Uno schieramento trasversale in Parlamento sembra andare incontro alle esigenze degli avvocati, a cui non piace la giustizia fuori dai tribunali. Ma c'è chi ha già speso molti soldi. Lun. 14 - Lo scontro sulla conciliazione si accende dopo che la Commissione Giustizia del Senato ha espresso unitariamente parere favorevole allo slittamento dell'obbligatorietà prevista per il 31 marzo di quest'anno. La decisione è arrivata inattesa e ha avuto un'ispirazione trasversale perché il voto si è manifestato dopo che il Gruppo Pd in Commissione, guidato dalla senatrice Della Monica, ha formalizzato un parere richiedendo apertamente di rimandare i termini di obbligatorietà almeno di un anno a quando il sistema giudiziario sarà pronto per sostenere l'impatto del provvedimento. La partita adesso passa al Senato dove gli emendamenti sulla conciliazione saranno discussi in seno al decreto Milleproroghe e le parti in causa già si promettono battaglia. Confindustria, Ania, Confcommercio e il fronte compatto delle Camere di Commercio stanno facendo pressione affinché non venga votato il rinvio e si faccia fede al decreto legislativo del marzo 2010 che prevedeva per il mese prossimo il limite oltre il quale il ricorso alla conciliazione sarebbe diventato obbligatorio per la maggior parte delle cause civili. Sul fronte opposto gli avvocati, contrari al principio dell'obbligatorietà, hanno esultato dopo la decisione della Commissione Giustizia e oggi alzano le barricate contro industriali e categorie produttive. È uno scontro duro che si è inasprito al punto da convincere Maurizio de Tilla, presidente dell' Oua (l'Organismo unitario dell'Avvocatura), ad inviare una lettera al ministro Alfano per denunciare l'opera di lobbing che Confindustria e Camere di Commercio stanno facendo in seno al Parlamento. La realtà però va oltre gli schieramenti e dopo un anno di annunci, proclami, riorganizzazioni e corsi si rischia di riportare la palla al centro e ricominciare la partita da zero. Rifare tutto come se nulla fosse: è questo lo spettro che oggi aleggia nel mondo della conciliazione dopo gli ultimi dodici mesi passati affilando le lame della formazione e preparandosi alla grande riforma. Quello che oggi viene bloccato è infatti un meccanismo economico messo in moto ormai da tempo che ha visto come protagonisti commercialisti, camere di commercio, consulenti del lavoro, società nate ad hoc per specializzarsi nella materia. Un universo che si scopre orfano del suo business e soprattutto un esercito di professionisti che sente di aver speso una montagna di soldi inutilmente. Proviamo a fare i conti: nella categoria dei commercialisti circa il 3% dei 110mila iscritti all'ordine ha partecipato a corsi di formazione sostenendo un costo medio di 1.000 euro ciascuno. Questo significa che, per arrivare preparati alla data del 31 marzo, sono stati spesi almeno 4 milioni di euro. Ancora più alta è la cifra degli avvocati che hanno sostenuto i corsi in misura massiccia (il 5% dei 200mila iscritti al Consiglio nazionale forense pari a 10mila professionisti), arrivando a spendere in totale circa 10 milioni di euro. La terza categoria interessata è quella dei consulenti del lavoro (40mila in Italia di cui 1.000 iscritti ai corsi), il cui contributo alla causa formativa si aggira intorno a1 milione di euro. Del resto, quando la macchina si è messa in moto lo ha fatto energicamente: presso il ministero della Giustizia sono 145 gli enti e le società iscritti nel "registro organismi di mediazione" e 158 quelli inseriti nell'"elenco enti di formazione per mediatori". Sono realtà variegate di ogni tipo che vanno dallo sportello per la conciliazione presso la Camera di Commercio di Pisa all'Università degli Studi di Salerno; dalla Fondazione dottori commercialisti di Milano all'Associazione nazionale conciliatori con sede a Napoli. E proprio il suo presidente, Abbondio Causa, stigmatizza la battaglia per il rinvio combattuta dagli ordini degli avvocati definendola "strumentale". «Gli ordini forensi - spiega - non si sono organizzati perché non hanno voluto. Al contrario, la base dell'avvocatura ha partecipato con entusiasmo ai corsi e nel nostro caso, che abbiamo formato oltre 500 conciliatori, gli avvocati sono la categoria più rappresentata». «Da quando il ministro ha lanciato la proposta di rendere obbligatoria la conciliazione - continua Causa - il numero degli aspiranti ai corsi è cresciuto in modo significativo. Negli ultimi mesi ci sono arrivate richieste da tutta Italia, ma di fronte allo spettro del rinvio ha cominciato a serpeggiare il malumore e tanti di quelli che sono stati formati hanno giustamente protestato per il tempo e i denari perduti». Sul nuovo istituto, del resto, ci avevano scommesso in molti se è vero che, considerata la vastità delle fattispecie previste dal provvedimento iniziale, l'80% delle cause civili italiane sarebbero finite nelle mani dei conciliatori. Un business, secondo i calcoli, che vale 1 miliardo di euro e avrebbe un impatto del 30-35% sull'attuale reddito degli avvocati. Su questi presupposti si comprende e si misura quale può essere la portata di un rinvio del provvedimento. La paura , adesso, soprattutto sul fronte dei commercialisti è che dopo tanti investimenti e dopo che la categoria ha puntato su questo nuovo istituto, la riforma del governo possa finire nel dimenticatoio solo per ascoltare le esigenze di una parte degli avvocati, perché gran parte della base ha sposato l'iniziativa e la considera un'opportunità di inserimento sul mercato. Il pericolo oggi è proprio questo, che al di là dello scontro parlamentare si raggiunga il solito accordo al ribasso su un rinvio ridotto, magari di sei mesi e solo per alcune materie. Quanto basta, sperano in molti, per tirare la palla più in là, in un recinto di scenari politici incerti, dove la conciliazione obbligatoria finirà per esistere solo tra le tante storie di riforme mai fatte. LA SCHEDA La storia di una norma da sempre avversata Semplificare e accelerare la giustizia: con questi obiettivi il ministro Angelino Alfano presenta in consiglio dei ministri il decreto-legislativo n. 28 che prevede di rendere la conciliazione obbligatoria dal 31 marzo 2011 per la maggior parte delle cause civili. Un mese dopo, il 15 aprile, il Guardasigilli spiega il senso della riforma alle professioni riunite in occasione degli stati generali delle professioni. La risposta degli avvocati è durissima: la categoria considera il provvedimento un atto che sminuisce la figura del legale. Il dibattito si accende, le categorie fanno sentire la loro voce, e a novembre il ministro interviene per assicurare gli avvocati. «La mediazione - dice Alfano - non cancella il grado giurisdizionale, se fallisce si va dal giudice per scelta delle parti. L'avvocato rimane fondamentale nel processo di mediazione». Le rassicurazioni non bastano per evitare l'affossamento della riforma. Il 28 gennaio in Commissione viene votato un parere dei senatori del Pd che chiede lo slittamento di un anno e l'8 febbraio l'emendamento contro la conciliazione obbligatoria passa in Commissione con una maggioranza larga e trasversale. Adesso rimane solo da vedere il voto del Parlamento. * * * Comunicato O.U.A. ai Presidenti dei C.O.A. territoriali. Carissimi Presidenti, Vi trasmetto nota della Senatrice Silvia della Monica. Il comportamento del Ministro Alfano merita la nostra ferma opposizione. Molti cordiali saluti Maurizio de Tilla * * * Caro Maurizio, come ben sai era stato approvato in Senato, nelle commissioni riunite I e V, all'unanimità l'emendamento al decreto-legge milleproroghe ( AS 2518) , presentato dal PD, LUSI-DELLA MONICA ed altri, che prevede il rinvio di un anno dell'efficacia delle norme sulla media-conciliazione Peraltro il Governo, tramite i relatori MALAN e PICHETTO FRATIN ( entrambi PDL) , è riuscito a fare approvare, con un colpo di mano, un altro emendamento che prevede il rinvio dela media-conciliazione solo per le materie del condominio e del risarcimento del danno per veicoli e natanti, così come sempre teorizzato dal MINISTERO della Giustizia, anche tramite i sottosegretari CALIENDO e CASELLATI Questo l' emendamento PDL-: 1.10000 (testo 2) Malan, Pichetto Fratin, relatori Dopo il comma 2, aggiungere il seguente: «2-bis. All'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, sono premesse le seguenti parole: "Limitatamente alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti".». Si prevede, per l'aula, che il Governo presenterà un maxiemendamento su cui apporrà la fiducia (martedì pv) , recependo invece solo il testo Malan- Pichetto Fratin, fortemente voluto dal Ministero della Giustizia, testo che ovviamente non risolve alcun problema, ma anzi l'aggrava. Per condurre la battaglia fino in fondo, ho ripresentato l'emendamento già approvato all'unanimità che di seguito riporto A.S. 2518 Emendamento, Art. 1 Dopo il comma 2, aggiungere il seguente: «2-bis. Al comma 1 dell'articolo 24 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, le parole: ''dodici mesi'' sono sostituite dalle seguenti: ''ventiquattro mesi''.». DELLA MONICA, CAROFIGLIO, CASSON, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, MARITATI, PERDUCA Ho inoltre presentato un sub-emendamento al testo dell'emendamento Malan, che lo scardina e riporta il rinvio per tutte le materie della media-conciliazione. L'emendamento è del seguente tenore: AS 2518 Subemendamento all'emendamento 1.10000 (testo 2) Sostituire le parole: "Limitatamente alle" con le parole: "Anche per le". DELLA MONICA, CAROFIGLIO, CASSON, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, MARITATI, PERDUCA, ADAMO, CECCANTI, INCOSTANTE. Inoltre ho presentato nuovamente l'ordine del giorno ( anche se in parte già approvato in Commissione) che chiarisce che il rinvio serve per rivedere la materia della media-conciliazione A.S. 2518 Ordine del giorno Il Senato, premesso che: tra le uniche disposizioni di legge emanate dal Governo in adempimento della delega in materia civile, di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69, vi sono quelle del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, sulla conciliazione obbligatoria per controversie civili e commerciali che, a partire dal marzo 2011, investirà negli ambiti civilistici anche settori economicamente e socialmente cruciali, come il condominio, le locazioni, il comparto assicurativo; si tratta di un intervento che presenta numerosi elementi di preoccupazione. L'avvocatura ha posto in evidenza numerosi profili critici della normativa attuativa della delega, sostenendo che la media conciliazione obbligatoria è palesemente incostituzionale e danneggia i cittadini e che il regolamento attuativo che la disciplina è da abrogare. L'avvocatura ha altresì sottolineato che la direttiva europea che detta le linee da seguire in materia di giustizia civile prevede espressamente la facoltatività della mediazione, così come avviene in tutti i paesi dell'Unione europea; per tali ragioni, l'organismo unitario dell'avvocatura ha presentato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio e sta preparando un ulteriore ricorso alla Corte europea, azioni che si aggiungono alle migliaia di ricorsi presentati autonomamente dagli avvocati. Nei ricorsi si contestano numerose violazioni del legislatore di norme di carattere costituzionale, come la lesione del diritto di difesa e del diritto di accesso alla tutela giurisdizionale, l'eccesso di delega, la violazione del principio di ragionevolezza e della riserva di legge sulle prestazioni personali. Inoltre si sottolinea che, con ogni probabilità, la normativa introdotta renderà i costi monetari, che dovranno sostenere i cittadini in sede conciliativa, addirittura superiori al costo di un intero processo; l'aspetto più grave sta nel fatto che la formulazione da parte del mediatore della proposta di conciliazione e la sua accettazione o meno da parte dei cittadini (peraltro privi di assistenza legale) influenzano inderogabilmente l'esito del successivo processo (soprattutto in sede di valutazione sulle spese), caratterizzandosi come veri e propri atti paragiurisdizionali, in quanto tali riservati all'autorità giudiziaria; il 12 gennaio 2011 si è già tenuta innanzi al Tar di Roma l'udienza per la sospensiva del decreto ministeriale attuativo della mediazione, ed è stata fissata l'udienza per il merito il 9 marzo 2011, prima quindi dell'entrata in vigore della normativa; i rilievi mossi dall'avvocatura, e già in parte anticipati in sede di esame parlamentare nelle Commissioni di merito, appaiono in gran parte condivisibili. Occorre quindi che il Governo intervenga per correggere un intervento che potrebbe avere ulteriori effetti negativi sulla già grave situazione in cui versa l'amministrazione della giustizia civile; impegna il Governo: a prevedere la proroga per ulteriori dodici mesi delle disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, al fine di utilizzare questo ulteriore lasso di tempo per modificare gli aspetti critici della normativa, procedendo a una revisione complessiva dell'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto ( rivalutando le materie per le quali può trovare applicazione), introducendo criteri precisi per l'individuazione della competenza territoriale degli organismi di conciliazione; eliminando l'obbligatorietà del procedimento di conciliazione; garantendo l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica, per l'oggetto del procedimento, la natura procedimentale dell'istituto e la funzione preliminare rispetto al procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria, su cui possono incidere pesantemente le vicende della fase mediatoria; per prevedere requisiti di qualificazione, formazione, professionalità e competenza per l'accesso all'albo dei mediatori; per valorizzare la funzione e il ruolo di terzietà del mediatore, che deve facilitare la ricerca della soluzione, abolendo, in conseguenza, la facoltà di formulare una proposta " contumaciale" e comunque quando le parti non ne facciano richiesta; eliminare ogni contaminazione tra media-conciliazione e processo. E ciò al fine di garantire che gli istituti della mediazione e della conciliazione, così come disciplinati dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che ha dato attuazione alla delega contenuta nella legge n. 69 del 2009, siano realizzati non come alternativi al processo e come mezzi di «liquidazione» dei conflitti, ma come tramite per il loro superamento. DELLA MONICA, LUSI, CAROFIGLIO, CASSON, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, MARITATI Molti cari saluti e buon lavoro! Senatrice Silvia Della Monica. |