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IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE.
(Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002, il 27 gennaio 2006, il 18 gennaio 2007 e il 12 giugno 2008).
Nella seduta del 12 giugno 2008 il CNF ha modificato alcuni articoli del codice deontologico, a seguito dei rilievi formulati dalla Autorità per la Concorrenza e il Mercato, nell'ambito dell’indagine conoscitiva sugli Ordini professionali.
L’art. 17 bis, nella parte in cui autorizza l’utilizzazione di siti web con dominio proprio dell’avvocato, è stato modificato nel senso che l’avvio del sito deve essere tempestivamente comunicato al Consiglio dell’Ordine, con soppressione della preventiva autorizzazione. L’art. 18, che riguarda i rapporti con la stampa, è stato modificato in senso analogo, ed il parere preventivo del Consiglio dell’Ordine nel caso di rubriche su organi di stampa o televisive è sostituito da una semplice comunicazione. L’art. 24, canone IV, è stato modificato premettendo le parole “ai fini della tenuta degli albi” prima dell’obbligo di comunicazione della costituzione di associazioni e dell’apertura di studi e recapiti. L’art. 45 è stato modificato precisando che in caso di pattuizione di compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi (patto di quota lite) resta fermo il principio dell’art. 2233 del codice civile. Apparentemente si tratta di modifiche di scarsa rilevanza; però l’esame della relazione del CNF, dei rilievi dell’Autorità garante e soprattutto delle modifiche richieste e non apportate diventa illuminante. Le prime due modifiche tendono a ridurre il potere di controllo dei consigli dell’ordine e a lasciare maggior libertà agli avvocati; ricordiamo che in un tempo non lontano qualunque forma di pubblicità era vietata, ed in seguito vi fu una timida apertura all’informazione professionale, sempre rigorosamente controllata in via preventiva dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza. La nota dell’Autorità garante tendeva a liberalizzare ogni forma di pubblicità, in linea con la riforma Bersani, e addirittura la richiesta era quella di eliminare il riferimento al rispetto e al decoro della professione, nonché il divieto di pubblicità comparativa ed elogiativa. Ancor più specificamente, l’autorità chiedeva la modifica dell’art. 17 nella parte in cui vieterebbe una forma di pubblicità autoreferenziale. Secondo l’autorità, pertanto, ogni avvocato dovrebbe avere la possibilità di farsi pubblicità come un’azienda commerciale, utilizzando anche il classico dolus bonus e cioè presentandosi sul mercato come il migliore, il più preparato, il più vincente, senza motivazione. La resistenza del CNF, davvero lodevole, punta all’interesse generale che l’informazione data risponda a correttezza e verità, evitando che gli iscritti all’albo compiano azioni di promozione o propaganda che possano pregiudicare la dignità della professione. In particolare, il CNF individua l’informazione pubblicitaria come un’attività finalizzata a fornire utilità ai clienti, e non come un’attività motivata dall’interesse economico del professionista. Per le ragioni sopra succintamente esposte, il CNF non ha accolto i rilievi finalizzati ad una semplificazione dell’art. 17 bis e non ha fatto alcun riferimento, nella nuova versione, ai prezzi delle prestazioni offerte. Tale posizione, anche se ben motivata e ben giustificata dall’intera storia delle regole deontologiche, sembra destinata però a cedere il passo se non sarà definitivamente chiarito, nella legislazione interna, un principio comunitario fondamentale per le libere professioni. Occorrerebbe cioè precisare, in modo definitivo, che tra i liberi professionisti e gli imprenditori vi sono differenze sistematiche di fondamentale importanza, poiché ai secondi è richiesto, molto più dei primi, di rispettare regole di natura etica nel loro comportamento, regole che spesso sono anteposte al loro interesse economico. La legislazione più recente, e mi riferisco in particolare alla legge Bersani, sembra invece andare nella errata direzione di una totale equiparazione tra professionisti ed imprenditori. Senza un mutamento di rotta da parte del legislatore, che giustifichi la sopravvivenza delle regole deontologiche ed il loro autogoverno, ogni limite etico è destinato a cadere, con conseguenti danni irreparabili a carico della collettività e dei singoli utenti. (Altalex, 10 luglio 2008. Nota di Antonino Ciavola) * * * * * * PREAMBOLO L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia. Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori. In allegato il testo dell'articolato.
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