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di Ugo Mattei (Oridinario diritto civile università di Torino) * * * Avvocati e notai esclusi dalla logica “mercatista” * * * La cultura delle regole * * *
Da tempo considero fastidioso l’uso della locuzione “servizio” che le istituzioni europee
sempre più spesso utilizzano per descrivere ruoli e istituzioni sociali che sono parte essenziale dell’esperienza e della civiltà umana. Per gli economisti “servizio” è un oggetto astratto di domanda e offerta, da consumarsi in regime di concorrenza. Utilizzata senza cautele, questa locuzione sconta un’ideologia mercatistica che sminuisce aspetti sociali molto importanti degli oggetti che qualifica (…). Nell’ambito delle professioni legali questa locuzione, utilizzata dalla Commissione europea che l’ha mutuata dall’esperienza thatcheriana, mi pare particolarmente volgare e anche sovversiva del dettato costituzionale italiano e delle garanzie di legalità contenute. Descrivere l’attività notarile o quella dell’avvocatura come un “servizio” mi pare riduca aspetti cruciali dell’implementazione pubblica della legalità a una meschina lotta per le parcelle fra privati, come se fosse quella la motivazione essenziale di tanti giovani che dedicano anni di studio per diventare un giorno parte del “macchinario della giustizia”(…). La visione burocratica del notaio (ma per analogia anche dell’avvocato) come imprenditore privato che offre servizi in regime di competizione con altri attori del mercato capaci di offrire servizi simili a un prezzo più basso, sposata acriticamente da una delle “lenzuolate” di Bersani viene oggi rispedita al mittente dall’importante sentenza della Cassazione (9878/08) che interpreta restrittivamente tanto il decreto sulla competitività (legge 248/2006) quanto gli articolo 10, 81 e 82 del Trattato Ce. La Cassazione riconosce il notaio come parte integrante di una funzione pubblica di produzione della legalità, qualcosa di ontologicamente diversa da un “servizio” in vendita sul mercato. Nel nuovo quadro, la qualità di una funzione pubblica essenziale non può essere garantita da chiunque. In particolare, la legalità, alla cui costruzione partecipano tanto i professionisti quanto i loro clienti (in una logica autonomia privata non sono meri consumatori ma co-produttori di regole del gioco, in uno sforzo congiunto di elaborazione delle migliori regole giuste) non può essere governata dalla logica del discount. Legalità e certezza del diritto sono beni pubblici che vanno difesi contro apprendisti stregoni che non sanno partecipare di quella che Guido Alpa in un libro recente ha chiamato la “Cultura delle regole”. |