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Giovanni Savigni - Responsabile Ufficio Legislativo Aiga * * * ERIN BROCOVICH NON ABITA IN ITALIA. Le class action un mito dell'immaginario collettivo. * * *
Se oggi le class action sono un mito nell’immaginario collettivo, è merito anche di alcune opere di fiction, come il film “Erin Brockovich” che ha consentito alla protagonista Julia Roberts di vincere l’Oscar, ispirato ad una persona vera (che fa anche un’apparizione nel film). È la storia di una donna divorziata e con tre figli, un po’ volgare ma molto autentica, che lavorando in uno studio legale scopre un grave caso di inquinamento idrico da parte di una potente multinazionale e riesce a raccogliere oltre 600 richieste da parte dei danneggiati, ottenendo un risarcimento di 330 milioni di dollari. Viene spontaneo chiedersi se con l’approvazione delle class action anche in Italia potrebbe verificarsi un vaso del genere; ma leggendo bene il famoso emendamento Bordon – Manzione si scopre che non è affatto così. La class action italiana infatti tutela solo consumatori e utenti, trascurando tutti gli altri interessi diffusi che riguardano collettività di persone; non è applicabile contro le multinazionali; soprattutto, obbliga i soggetti interessati ad agire esclusivamente per mezzo delle sedici associazioni di consumatori riconosciute dal Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti, non consentendo alla platea dei danneggiati nemmeno di costituire un’associazione ad hoc; quindi, al termine di un iter giudiziario presumibilmente molto lungo, prevede un’ulteriore fase dinanzi a una Camera di Conciliazione al fine di stabilire il risarcimento spettante ad ogni singolo danneggiato, che comunque non prevede i cosiddetti “danni punitivi”; se si raggiunge l’accordo, i singoli sono vincolati all’importo accettato dall’associazione dei consumatori; se l’accordo non c’è, possono solo iniziare un nuovo procedimento giudiziario per la quantificazione del risarcimento. Di fronte a queste regole la stessa Erin Brockovich avrebbe probabilmente lasciato perdere; ma noi possiamo permetterci di sprecare un’occasione in cui si introduce un mezzo di tutela così importante? E’ quindi evidente che l’impianto della legge deve essere completamente ripensato, al fine di contemperare gli interessi delle imprese con una effettiva tutela di tutti i cittadini, e non solo dei “consumatori e utenti”. A tal fine appare indispensabile: - ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto, che va riferito a tutti gli interessi diffusi e collettivi; - consentire la legittimazione anche ad associazioni non rientranti nel CNCU, e anche ad associazioni costituite dai soggetti rimasti lesi dalla medesima condotta o evento; - stabilire che non appena presentata la domanda, udite le difese dell’impresa convenuta, un giudice, tenti di conciliare la lite e all’esito si pronunci in via preliminare, entro un termine perentorio e assai breve, sull’ammissibilità dell’azione; - prevedere una sorta di corsia preferenziale per la trattazione delle azioni collettive (come oggi avviene, in termini di prassi, per le cause di licenziamento) o quanto meno inserirle tra i procedimenti urgenti ex art. 92 dell’ordinamento giudiziario; - fare in modo che il giudice possa determinare già con la sentenza il risarcimento spettante ad ognuno dei danneggiati, o almeno stabilirne i criteri in misura così dettagliata che il conteggio finale possa essere fatto con una semplice operazione matematica, senza bisogno di ulteriori interventi; - stabilire una presunzione di responsabilità aggravata per l’impresa condannata a seguito di un’azione collettiva, salvo che le circostanze del caso concreto non suggeriscano un atteggiamento diverso. Da ultimo, la limitazione dei compensi professionali degli avvocati al 10% dell’importo liquidato costituisce una forzatura, sia in considerazione dell’impegno che in genere è richiesto da queste cause, sia perché la norma va in controtendenza con lo stesso decreto Bersani che manteneva l’applicabilità delle tariffe forensi nella liquidazione a carico del soccombente. Si dirà che una simile rivoluzione non è possibile e che l’attuale testo è comunque meglio di niente. È vero, in certi casi il meglio è nemico del bene; però se si deve muovere un primo passo per la tutela dei cittadini, cerchiamo almeno di farlo nella direzione giusta. |