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I dati sui contribuenti di interesse generale possono essere diffusi dalla stampa, ma solo ove forniti nel rispetto della legge. Il Codice sulla protezione dei dati personali, infatti, non contrasta con determinate forme di pubblicità di dati che siano di interesse pubblico, ma tale diffusione deve riguardare le informazioni divulgate in conformita' alle norme di settore, secondo cui spetta esclusivamente all'Amministrazione finanziaria il compito di formare e pubblicare annualmente gli elenchi dei contribuenti e individuare quali dati inserirvi, per cui tali dati sono consultabili solo dopo la pubblicazione. Il principio è stato ribadito dal Garante dopo la pubblicazione, da parte di due testate giornalistiche, dei dati di reddito relativi all'imponibile Irpef per l'anno 2004 di numerosi professionisti. Nella vicenda esaminata, accogliendo alcuni reclami presentati dall'Ordine dei dottori commercialisti di Bologna e da altri singoli professionisti, il Garante ha tuttavia ritenuto che la diffusione dei dati non fosse legittima: era stato infatti il Comune di Bologna a fornire ai quotidiani i dati reddituali dei professionisti bolognesi senza attendere l'annuale formazione degli elenchi dei contribuenti da parte dell'Agenzia delle entrate, ma ricavandoli direttamente ed autonomamente dal sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria (sistema Siatel), che il Comune può utilizzare per altri scopi solo "interni". Peraltro, ha sottolineato il Garante, per il 2004 - anno cui si riferisce il caso in esame - l'Agenzia delle entrate aveva reso disponibili i soli nomi dei contribuenti senza l'indicazione dei redditi dichiarati. Il Garante ha dunque prescritto al Comune di Bologna di trattare i dati acquisiti direttamente dal sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria solo per le finalità previste dalla legge. I quotidiani che hanno pubblicato i dati dei contribuenti dovranno, da parte loro, astenersi dall'ulteriore pubblicazione, anche sui loro siti web, perche' tali dati sono stati comunicati dal Comune in contrasto con le previsioni di legge. Di recente, il Garante per la privacy aveva chiarito un'altro limite alla pubblicazione di dati personali sulla stampa, accogliendo il ricorso di una donna che riteneva di aver subito una violazione dei propri dati personali e di quelli dei propri figli da parte di un quotidiano che aveva riportato la vicenda di un bambino che, conteso dai genitori separati, era poi stato ricoverato in ospedale. Motivo del ricorso della donna era il fatto che nell'articolo, pur non essendo citati il cognome degli interessati, venivano forniti numerosi particolari che avrebbero facilmente permesso l'identificazione dei soggetti. Il Garante aveva ribadito che, anche quando si ricorre all'oscuramento dei nomi, se si forniscono dettagli tali da poter identificare la persona oggetto del fatto di cronaca si lede il suo diritto alla privacy, circostanza ancora più grave se si tratta di un minore. L'autorita' per la privacy aveva quindi vietato al quotidiano l'ulteriore utilizzo dei dati in questione "quale misura necessaria a tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati", stabilendo, a carico della società editrice del quotidiano, un risarcimento pari a 300 euro. Era stata invece rigettata la seconda parte dell'istanza della ricorrente, che chiedeva la cancellazione dall'archivio del quotidiano delle informazioni relative ai protagonisti della vicenda e di poter conoscere l'origine delle stesse: per quest'ultima richiesta, in particolare, l'Autorità ha ribadito che va rispettato il segreto professionale del giornalista. |