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* * * I fantasmi a volte ritornano. Specie se li rievochiamo, la suggestione diventa forte. Anche perchè le esperienze passate hanno lasciato il segno, con la soppressione del Tribunale di Sala Consilinae e di alcune importanti sezioni come quella di Eboli. E' una prestigiosa associazione di avvocati, la Camera Penale Salernitana, che ha rispolverato nei giorni scorsi lo spettro di nuove soppressioni di uffici giudiziari nella provincia di Salerno, già colpita nel 2012 dalla "epocale" qunto nefasta riforma completata dalla Ministra Severino. Per la verità non si tratta di una novità assoluta,...
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Enrico Tortolani - Direttore Responsabile del sito. I COMPITI DI SUPPLENZA DELL’AVVOCATURA. LA MEDIAZIONE SOCIALE. Inutile attesa del riconoscimento di una identità politica.

I professionisti del libero foro non hanno coscienza di classe.

Sezioni: FOCUS
Data di pubblicazione 10/01/2008
La funzione di mediazione sociale svolta dall’Avvocatura negli ultimi decenni è un dato acquisito e riconosciuto universalmente. Eppure gli avvocati non ne sono consapevoli.

In un sistema giustizia che si è andato deteriorando con l’avvicendarsi di governi e legislature, l’avvocato è stato l’ammortizzatore di tutti i conflitti, individuali e collettivi, che hanno interessato l’ordinamento giudiziario.

Sia nella quotidiana attività di propulsore dei processi giudiziari, sia quando è stato necessario comporre i dissidi tra politica e cittadini, tra politica e magistrati.

Un funzione, alla fine, derivata dalla politica che però non ha trovato nella politica, intesa come arte del governare, riconoscimento alcuno.

L’Avvocatura non ha saputo costruire una coscienza di sé. Si è ignorata. Per conseguenza è stata ignorata. Innanzitutto da coloro che, organizzati, sono abituati e gestire il consenso: partiti e sindacati.

I liberi professionisti sono stati classificati come una lobby potente ( anzi più lobbies: notai, medici, avvocati etc.) di ostacolo alla modernizzazione. Ce lo ha detto chiaramente il ministro Bersani, esponente di una vasta corrente di pensiero, che fa capo all’attuale governo. I provvedimenti legislativi approvati ed ancora i corso di approvazione seguono questa impostazione.

La riforma delle professioni di matrice governativa, non da molto spazio alle richieste dell'avvocatura di riconoscimento di una evidente specificità della funzione difensiva. Accomunare gli avvocati a tutti gli altri professionisti nel calderone della riforma è un errore, che la classe politica non riesce a comprendere.


I sindacati, poi, sostengono addirittura che nel nostro paese vi sia la necessità di riequilibrare i rapporti economici, reintroducendo un conflitto di classe ( tra operai e intellettuali) che si credeva seppellito dagli anni di piombo. Le classi meno abbienti avrebbero diritto ad una sorta di risarcimento da parte della classe media, del ceto professionale, che maggiormente si sarebbe avvantaggiato dell’introduzione dell’euro e dell’evasione fiscale.
Dimenticano quei sindacalisti le difficoltà e la precarietà che affligono le professioni oggi, e specialmente quei professionisti che, facendo parte della schiera dei centottantamila avvocati italiani, di tutte le età, non hanno un portafoglio clienti, istituzionali o di grandi operatori (banche, assicurazioni, società) su cui basare la propria attività.


L’Avvocatura è stata ignorata anche dalla magistratura.
Difficili i rapporti quotidiani nella aule di giustizia. Ancor più difficili quelli istituzionali. Mi riferisco a Consiglio Superiore della Magistratura, Consigli Giudiziari Distrettuali, ove le istanze dell’avvocatura sono dichiarate quasi sempre irricevibili (specie se non in linea con i desiderata).
Qualche apertura c’è stata colla magistratura associata. Ma anche qui i progressi sono molto lenti ed occasionali.
Salerno può essere un esempio positivo di riapertura di un dialogo fra associazioni dell’avvocatura e magistrati associati. Non so dire se è un caso isolato. Certo è che dagli altri Fori non arrivano molte notizie. Ed i risultati concreti, in ogni caso, ancora non si vedono.

In questo quadro, di sostanziale indifferenza verso le posizioni dell’avvocatura, il sistema giudiziario diventa sempre più dipendente dagli avvocati.

Tutti sanno che se gli avvocati si arroccassero sulla richiesta, anche legittima, di applicazione formale di leggi e regolamenti attinenti al funzionamento delle cancellerie dei vari uffici giudiziari, creerebbero notevoli problemi.
In particolare le cancellerie del settore civile dovrebbero chiudere perché non in grado di applicare quelle leggi e quei regolamenti che pure sono vigenti.

I processi civili e del lavoro si bloccherebbero se gli avvocati si rifiutassero di ‘sostiture’ cancellieri ed ufficiali giudiziari nelle udienze di tutti i tribunali d’Italia.

Nel settore penale, parimenti, senza la collaborazione degli avvocati difensori di ufficio, numerose attività salterebbero.

Ma di più, oggi senza la Magistratura Onoraria il sistema si fermerebbe. Subito.
E tra i magistrati onorari, specie GOT e VPO, gli avvocati sono la totalità. Un po’ meno tra i Giudici di Pace.

Sebbene questa funzione di supplenza che l’Avvocatura è chiamata ad espletare, ed a cui non si sottrae, sia divenuta ormai un cardine del nostro sistema, tuttavia non riesce a suscitare in chi governa il sistema giudiziario – responsabili politici, vertici ministeriali e magistratura - la giusta considerazione.

L’Ordinamento giudiziario deve essere riequilibrato riconoscendo a tutti i soggetti pari dignità e possibilità di partecipazione ai processi decisionali, alle iniziative legislative, alle riforme di cui si discute tanto in questi mesi.

Ma, come scrivevo innanzi, deve essere l'Avvocato a cercare e rivendicare la propria funzione, sociale e politica. Anche sacrificandosi in attività che lo portano lontano dallo studio e dall'attività quotidiana. Anche costringendosi a combattere in prima persona, evitando di delagare tutto a pochi.

L’O.U.A. e le rappresentanze istituzionali dell’Avvocatura dovranno produrre lo sforzo più grande per dare agli Avvocati questa coscienza. Una prospettiva: l'identità politica comune, riconoscibile e riconosciuta nella società, è la vera ultima frontiera.






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